mercoledì, ottobre 29, 2003
Sottoposto a pressione ingente, morì. Un uomo vero si riconosce quando è sotto pressione. E c’è chi si sente estremamente grande e forte nei confronti del mondo, magari per il semplice fatto che non è mai stato messo alla prova e si è sempre mascherato dietro a qualcuno. Ogni riferimento non è puramente casuale.
Conosco una persona che, secondo me, si è esposta molto e che continua a farlo. Fa ciò che gli piace fare, ma gioca sempre a proprio favore… si limita a stare sul bordo della sponda a guardare i cadaveri passare. Sembra che il mondo si agiti, mentre lui sta fermo e aspetta, osservando che qualcuno faccia la prima mossa sbagliata, e si prepara a saltare sulla preda, come un leone, con calma, ruggendo verso le carogne che si aggirano, parassiti.
E’ quasi un anno ormai che sto qua e le cose non cambiano, rimangono sempre uguali, statiche, senza spirito. Ognuno fa quello che deve fare, niente di più e niente di meno, nascondendosi alla burocrazia, talmente bene che non hanno ancora capito che ne sono stati totalmente inghiottiti e non la vedono, ormai è parte di loro.
Stanno divampando incendi sotto il fondoschiena di molte persone, ma non fanno niente per cambiare la situazione, si limitano a non dire, a non guardare, a non capire, ricorrendo al vittimismo sacrificante.
Io non sono da meno, perché statica accetto la situazione e non faccio nulla per cambiarla. Sono anche io parte di questo sistema logorante, talmente logorante che ormai vedo i pezzi di me che cadono a terra mentre cammino.
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Conosco una persona che, secondo me, si è esposta molto e che continua a farlo. Fa ciò che gli piace fare, ma gioca sempre a proprio favore… si limita a stare sul bordo della sponda a guardare i cadaveri passare. Sembra che il mondo si agiti, mentre lui sta fermo e aspetta, osservando che qualcuno faccia la prima mossa sbagliata, e si prepara a saltare sulla preda, come un leone, con calma, ruggendo verso le carogne che si aggirano, parassiti.
E’ quasi un anno ormai che sto qua e le cose non cambiano, rimangono sempre uguali, statiche, senza spirito. Ognuno fa quello che deve fare, niente di più e niente di meno, nascondendosi alla burocrazia, talmente bene che non hanno ancora capito che ne sono stati totalmente inghiottiti e non la vedono, ormai è parte di loro.
Stanno divampando incendi sotto il fondoschiena di molte persone, ma non fanno niente per cambiare la situazione, si limitano a non dire, a non guardare, a non capire, ricorrendo al vittimismo sacrificante.
Io non sono da meno, perché statica accetto la situazione e non faccio nulla per cambiarla. Sono anche io parte di questo sistema logorante, talmente logorante che ormai vedo i pezzi di me che cadono a terra mentre cammino.
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lunedì, ottobre 27, 2003
The Dreamers. Parigi, 1968. Ma questo è superfluo. L'anno, gli eventi, sono solo parte della storia come personaggio e non come contesto. Il '68 è il mezzo attraverso il quale Isabelle sceglie, sceglie di non dividersi da Theo, sceglie l'amore eterno, quello sublime, per il fratello gemello siamese, divisi fisicamente alla nascita, ma mai nell'anima. Isabelle sceglie la violenza, contro la non-violenza, incosciente di ciò che sta facendo, con una bottiglia di molotov nella mano della sua altra metà, Theo.
Matthew è l'amore carnale, quello terrestre, è la scoperta dell'effimero, del concreto, del mondo che sta fuori e non solamente dentro a quell'appartamento a Saint German, fatto di legno verde decapato, di mobilio Luigi XIV e di Château Laffitte bevuto dalla battiglia per sciacquarsi la bocca la mattina, o il pomeriggio, come coca-cola. Matthew è il primo ragazzo di Isabelle, primo in tutto, nell'amore fisico, nel primo appuntamento, nel fare una passeggiata per strada, nel guardare la televisione e improvvisamente capire che intorno sta succedendo qualcosa, qualcosa che cambierà la storia.
Matthew vince, vince la sua intelligenza, la sua capacità di voler andare oltre e capire, senza scandalizzarsi. Ragazzo borghese, americano bigotto, a Parigi per sfuggire alla guerra in Vietnam, che si ritrova a parlare di non-violenza nella vasca da bagno con Theo, senza pudore, che riesce a vincere naturalmente. Il nudo è il contorno del tutto, la manifestazione estrema della bellezza dell'uomo e dell'amore.
E quindi il '68, come personaggio, come unico mezzo che Isabelle ha per scegliere Theo, per giustificare la violenza con gli ideali, unico momento storico in cui si potevano combinare questi elementi. Non è un film sull'amore libero sessantottino, è un film sull'amore, è uno scontro tra il sublime, l'eterno e l'effimero, il terrestre. (0) commenti
Matthew è l'amore carnale, quello terrestre, è la scoperta dell'effimero, del concreto, del mondo che sta fuori e non solamente dentro a quell'appartamento a Saint German, fatto di legno verde decapato, di mobilio Luigi XIV e di Château Laffitte bevuto dalla battiglia per sciacquarsi la bocca la mattina, o il pomeriggio, come coca-cola. Matthew è il primo ragazzo di Isabelle, primo in tutto, nell'amore fisico, nel primo appuntamento, nel fare una passeggiata per strada, nel guardare la televisione e improvvisamente capire che intorno sta succedendo qualcosa, qualcosa che cambierà la storia.
Matthew vince, vince la sua intelligenza, la sua capacità di voler andare oltre e capire, senza scandalizzarsi. Ragazzo borghese, americano bigotto, a Parigi per sfuggire alla guerra in Vietnam, che si ritrova a parlare di non-violenza nella vasca da bagno con Theo, senza pudore, che riesce a vincere naturalmente. Il nudo è il contorno del tutto, la manifestazione estrema della bellezza dell'uomo e dell'amore.
E quindi il '68, come personaggio, come unico mezzo che Isabelle ha per scegliere Theo, per giustificare la violenza con gli ideali, unico momento storico in cui si potevano combinare questi elementi. Non è un film sull'amore libero sessantottino, è un film sull'amore, è uno scontro tra il sublime, l'eterno e l'effimero, il terrestre. (0) commenti
sabato, ottobre 25, 2003
Venerdì sera da Ferrara. La mattina sono uscita di casa con il pensiero di cosa potevo fare da mangiare per la cena del venerdì sera con gli amici, ero quasi giunta ad una decisione: risotto con punte di asparagi e fontina e polpettone con le patate. Poi arriva la telefonata di Michele che mi dice che Adriano preferiva andare fuori a cena, il Tarta non sarebbe venuto e Ciccio prima di mezzanotte stava con la fidanzata. Dopo una giornata passata al partito tra organizzazione del Congresso e il solito lavoro al sito, dalla stanza di Rita, con Antonello e Rocco, sono intercorse varie telefonate con Michele e Adriano sul da farsi della serata.
Conclusione: Roberta, Cicci, Adriano, Michele ed io ci siamo ritrovati a piazza Trilussa alle 9.30 per cenare da «Ferarra, enoteca e mescita».
Adriano era già spaventato dal prezzo e per farlo stare tranquillo Cicci ha cominciato a sfogliare l'album dei vini (o delle foto del matrimonio) indirizzato verso qualcosa che costasse almeno 250 euro. Roberta ha poi preso le redini della situazione e ha ordinato un Refosco. I piatti erano enormi, con al centro delle pietanze minuscole, degne della migliore nouvelle cuisine. L'ambiente piacevole: tavoli di vetro, mobili di legno chiaro, poltrone bianche, con alle spalle un camino con dentro bottiglie accatastate (che per poco - naturalmente per errore - una di esse non finisce nella tasca di Cicci).
La serata è stata piacevole, anche se non degna delle tradizionali magnate romane. Per qualche istante mi sono sentita di nuovo in uno di quei posti che frequentavo quando stavo a Milano, come il Boccondivino, o il Casablanca o uno di quei ristorantini che stanno in via Solferino, alle porte di Brera.
Adriano è stato a lungo protagonista dei nostri discorsi e da narciso quale è, si compiaceva di questo nostro interesse verso la sua vita, in particolare la sua vita sessuale. La conclusione che io ne ho tratto (concorde Roberta) è stata che in realtà lui è un vero rude.
Poi i soliti discorsi sul partito, sulla radio, sulla gestione di Capezzone e il toto-congresso, con una lunga deviazione verso il caso Moro e il processo con le dichiarazioni di allora di Candido e Pannella. Ho capito quello che Michele e Adriano hanno cercato di spiegarmi sulla malattia di Roberta nei confronti dello speciale sui carcerieri del sequestro Moro che stavano preparando per il sito… credo abbia vissuto difficili giorni di alienazione dal mondo, tornando a casa con le parole del processo che le ronzavano ancora nelle orecchie e magari con la paura che qualche brigatista sbucasse improvvisamente fuori da una vietta con una pistola in mano, come una scena da film che cerca di ricostruire l'atmosfera di terrore di quegl'anni, accompagnata delle migliori musiche di Sergio Leone.
Verso l'una, contenti di aver passato una bella serata, siamo tornati a casa.
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Conclusione: Roberta, Cicci, Adriano, Michele ed io ci siamo ritrovati a piazza Trilussa alle 9.30 per cenare da «Ferarra, enoteca e mescita».
Adriano era già spaventato dal prezzo e per farlo stare tranquillo Cicci ha cominciato a sfogliare l'album dei vini (o delle foto del matrimonio) indirizzato verso qualcosa che costasse almeno 250 euro. Roberta ha poi preso le redini della situazione e ha ordinato un Refosco. I piatti erano enormi, con al centro delle pietanze minuscole, degne della migliore nouvelle cuisine. L'ambiente piacevole: tavoli di vetro, mobili di legno chiaro, poltrone bianche, con alle spalle un camino con dentro bottiglie accatastate (che per poco - naturalmente per errore - una di esse non finisce nella tasca di Cicci).
La serata è stata piacevole, anche se non degna delle tradizionali magnate romane. Per qualche istante mi sono sentita di nuovo in uno di quei posti che frequentavo quando stavo a Milano, come il Boccondivino, o il Casablanca o uno di quei ristorantini che stanno in via Solferino, alle porte di Brera.
Adriano è stato a lungo protagonista dei nostri discorsi e da narciso quale è, si compiaceva di questo nostro interesse verso la sua vita, in particolare la sua vita sessuale. La conclusione che io ne ho tratto (concorde Roberta) è stata che in realtà lui è un vero rude.
Poi i soliti discorsi sul partito, sulla radio, sulla gestione di Capezzone e il toto-congresso, con una lunga deviazione verso il caso Moro e il processo con le dichiarazioni di allora di Candido e Pannella. Ho capito quello che Michele e Adriano hanno cercato di spiegarmi sulla malattia di Roberta nei confronti dello speciale sui carcerieri del sequestro Moro che stavano preparando per il sito… credo abbia vissuto difficili giorni di alienazione dal mondo, tornando a casa con le parole del processo che le ronzavano ancora nelle orecchie e magari con la paura che qualche brigatista sbucasse improvvisamente fuori da una vietta con una pistola in mano, come una scena da film che cerca di ricostruire l'atmosfera di terrore di quegl'anni, accompagnata delle migliori musiche di Sergio Leone.
Verso l'una, contenti di aver passato una bella serata, siamo tornati a casa.
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giovedì, ottobre 23, 2003
Auguri all'uomo dalle svariate vite, l'unica persona che col passare degl'anni riesce a creare sempre più nodi invece di snodarli, l'unico uomo al mondo che non riesce mai a darsi pace e che si sentirà perennemente in debito, economico e non. Il mio papà, che in questi (quasi) 26 anni passati a singhiozzo, tra alti e bassi, ha sempre avuto un sottile filo di nylon invisibile legato ai sui figli (ti auguro di fermarti!!!) e in particolare a me, la tua unica bambina. L'unico uomo, con Sean Connery, che col passare del tempo diventa sempre più bello e che ogni anno compie 28 anni. L'unico uomo, ormai sessant'enne, che vive ancora l'amore come un ragazzino di 16 anni. Ti voglio bene babbo!
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martedì, ottobre 21, 2003
Quattro giorni nella fredda Padania. Giovedì sono partita, per una volta non sono venuta a lavorare il week-end senza sentirmi in colpa, senza sentire una sottile vocina che mi diceva "devi andare al partito!!". Così, con sacchi pieni di pizza bianca e di mozzarelle per mamma e Franco, in tarda mattinata sono salita in macchina e ho cominciato i primi dei 483 km che mi distanziavano da casa di mamma. Una valigia piccola, con dentro solo biancheria intima, perché lì ci sono 8 gradi e qua a Roma si viaggia ancora sui venti e l'intero guardaroba invernale stà (stava) lì.
Dopo 6 ore di macchina, tra traffico, code, camion, mal tempo, sono sbarcata a Verona e ad accogliermi la mamma, con il suo sorriso più grande e con pronto sul tavolo il mio piatto preferito: patate fritte alla belga e filetto con salsa bearnese!
Il giorno dopo di nuovo in macchina, per andare a prendere David a Linate e poi dritti per Vicenza, a casa di papà, dove ci aspettavano per la cena di compleanno dei due uomini, David e papà. Ad accoglierci Riccardino (che ormai è alto come me) e i cugini Guidetti, oltre a Betty, Enrico e naturalmente papà. Un nuovo arrivato in famiglia: Balù, un golden retriver di qualche mese. Per una volta il cugino Guidetti (Alberto, ginecologo che ha fatto nascere mezza Vicenza, tra cui i miei fratelli e me - la nascita di David ha fatto da cupido tra lui e mia cugina Luciana) non ha intrattenuto la tavolata con le sue barzellette spinte, se non un accenno davanti alla porta, prima di uscire. Per cena piatti tipici del nord: speatzli con ragù e di secondo asiago e insalata, tutto annaffiato da vino francese firmato Giuseppe Carretta e per il dopo pasto caldarroste comprate in piazza. Verso l'una abbiamo ripreso la nostra strada, carichi del miglior vino francese - Chablis e del bordeaux (regalato da papà) e siamo arrivati a Verona.
Sabato di nuovo in strada, verso Valeggio sul Mincio, località veronese dove Franco ha un incantevole mulino sul fiume e dove io ho passato gli anni della mia infanzia a costruirmi le canne da pesca e ad aspettare che i pesci abboccassero e gli anni del liceo e dell'università a organizzare feste di inizio, metà e fine estate, in cui gli ospiti invitati erano rigorosamente 15, ma che si finiva per essere sempre un centinaio, con persone che chiedevano a me di chi fosse la festa e che io naturalmente non avevo mai visto in faccia.
Comunque in questa splendida località ai confini con Mantova, abbia preso l'ancora senza nome, un cucciolo di due mesi di setter irlandese, il più rincoglionito di tutti i suoi fratelli, perché così lo volevamo. Siamo stati un'oretta per sceglierlo e poi siamo ripartiti. Quando siamo arrivati a Verona, a casa c'era solo Franco, mamma era andata a fare la spesa e quando siamo entrati gli abbiamo messo in braccio il nuovo arrivato. Sembrava una scena da Stranamore: Franco in lacrime che ci ringraziava per il grande regalo e che teneva questo cucciole come fosse un vaso antico di porcellana, è stato bello vederlo sorridere di nuovo.
Il resto del week end l'abbiamo passato in casa: cena di compleanno do David (questa volta a casa di mamma) con tutto il ben di Dio: scampi crudi, astice alla griglia e dolce al cioccolato di rito con annesse 29 candeline. Colazioni faraoniche e pranzi in cui ognuno mangiava una cosa diversa, ma tutto accompagnato da un fattore comune: gli occhi puntati verso il nuovo cucciolo e le reazioni che l'altro cane e il gatto avevano verso di lui.
Tanti dialoghi, di generi diversi, dai discorsi più futili ai più seri, con sedute di coscienza collettiva, che a volte fanno bene a volte male, male forse perché per forza di cose sono concentrate in quei pochi momenti in cui si sta tutti assieme e ci si deve dire, senza girarci tanto attorno, tutte le cose che si pensano dell'altro, dai vari capi del pianeta, per cui una famiglia di 5 persone, in cui non c'è nemmeno un componente che vive con l'altro, spesso nemmeno nella stessa città, o nemmeno nello stesso paese, può dire si sentirsi unita.
Ora sono di nuovo al lavoro e la vita continua, con ancora più punti di domanda. (0) commenti
Dopo 6 ore di macchina, tra traffico, code, camion, mal tempo, sono sbarcata a Verona e ad accogliermi la mamma, con il suo sorriso più grande e con pronto sul tavolo il mio piatto preferito: patate fritte alla belga e filetto con salsa bearnese!
Il giorno dopo di nuovo in macchina, per andare a prendere David a Linate e poi dritti per Vicenza, a casa di papà, dove ci aspettavano per la cena di compleanno dei due uomini, David e papà. Ad accoglierci Riccardino (che ormai è alto come me) e i cugini Guidetti, oltre a Betty, Enrico e naturalmente papà. Un nuovo arrivato in famiglia: Balù, un golden retriver di qualche mese. Per una volta il cugino Guidetti (Alberto, ginecologo che ha fatto nascere mezza Vicenza, tra cui i miei fratelli e me - la nascita di David ha fatto da cupido tra lui e mia cugina Luciana) non ha intrattenuto la tavolata con le sue barzellette spinte, se non un accenno davanti alla porta, prima di uscire. Per cena piatti tipici del nord: speatzli con ragù e di secondo asiago e insalata, tutto annaffiato da vino francese firmato Giuseppe Carretta e per il dopo pasto caldarroste comprate in piazza. Verso l'una abbiamo ripreso la nostra strada, carichi del miglior vino francese - Chablis e del bordeaux (regalato da papà) e siamo arrivati a Verona.
Sabato di nuovo in strada, verso Valeggio sul Mincio, località veronese dove Franco ha un incantevole mulino sul fiume e dove io ho passato gli anni della mia infanzia a costruirmi le canne da pesca e ad aspettare che i pesci abboccassero e gli anni del liceo e dell'università a organizzare feste di inizio, metà e fine estate, in cui gli ospiti invitati erano rigorosamente 15, ma che si finiva per essere sempre un centinaio, con persone che chiedevano a me di chi fosse la festa e che io naturalmente non avevo mai visto in faccia.
Comunque in questa splendida località ai confini con Mantova, abbia preso l'ancora senza nome, un cucciolo di due mesi di setter irlandese, il più rincoglionito di tutti i suoi fratelli, perché così lo volevamo. Siamo stati un'oretta per sceglierlo e poi siamo ripartiti. Quando siamo arrivati a Verona, a casa c'era solo Franco, mamma era andata a fare la spesa e quando siamo entrati gli abbiamo messo in braccio il nuovo arrivato. Sembrava una scena da Stranamore: Franco in lacrime che ci ringraziava per il grande regalo e che teneva questo cucciole come fosse un vaso antico di porcellana, è stato bello vederlo sorridere di nuovo.
Il resto del week end l'abbiamo passato in casa: cena di compleanno do David (questa volta a casa di mamma) con tutto il ben di Dio: scampi crudi, astice alla griglia e dolce al cioccolato di rito con annesse 29 candeline. Colazioni faraoniche e pranzi in cui ognuno mangiava una cosa diversa, ma tutto accompagnato da un fattore comune: gli occhi puntati verso il nuovo cucciolo e le reazioni che l'altro cane e il gatto avevano verso di lui.
Tanti dialoghi, di generi diversi, dai discorsi più futili ai più seri, con sedute di coscienza collettiva, che a volte fanno bene a volte male, male forse perché per forza di cose sono concentrate in quei pochi momenti in cui si sta tutti assieme e ci si deve dire, senza girarci tanto attorno, tutte le cose che si pensano dell'altro, dai vari capi del pianeta, per cui una famiglia di 5 persone, in cui non c'è nemmeno un componente che vive con l'altro, spesso nemmeno nella stessa città, o nemmeno nello stesso paese, può dire si sentirsi unita.
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mercoledì, ottobre 15, 2003
Sono gli ultimi dei venti, poi sarai vecchietto!!!
Goditeli che poi devi pensare alle cose serie: laurea, casa, famiglia... (0) commenti
Goditeli che poi devi pensare alle cose serie: laurea, casa, famiglia... (0) commenti
martedì, ottobre 14, 2003
Bilanci. Non sono giorni esaltanti, sembra che il 2003 abbia deciso di essere un anno in cui per forza di cose bisogna fare dei bilanci, e non solo economici. E' cominciato con il lavoro, poi la mia laurea, poi la vita sconvolta da un evento che ha cambiato non solo la mia vita, ma che mi ha modificato nel profondo. Poi il rapporto con la morte, che sembra avermi toccato da vicino, colpendo persone - e non solo - che non pensavo avessero così tanta rilevanza in me. L'amore, la gioia di viverlo liberamente e la responsabilità, delle proprie scelte, delle proprie azioni e delle proprie idee. Tagliare con l'accetta la percezione che si ha delle persone che mi circondano e valutare chi sono i buoni e chi i cattivi. Sono in fondo una persona fortunata, perché nonostante siano tempi duri per tutti, ho tanti cuori grandi attorno a me e credo di essere anche più forte e preparata ai colpi bassi. Ho imparato che l'unica cosa che paga a lungo termine è l'onestà e la chiarezza, ma spesso non è facile portare avanti questo proposito.
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lunedì, ottobre 13, 2003
Flash. Ho appena ricevuto una brutta notizia. Flash è morto. Flash è il cane di casa, di casa di mia madre. E' arrivato da noi il 23 gennaio 1992 e aveva quasi 1 anno. Francesco, amico di mio fratello, ci aveva chiesto se lo potevamo tenere, l'aveva salvato da una famiglia di cacciatori che avevano deciso di sopprimerlo perché non riuscivano a darlo via e lui non poteva tenerlo. E' rimasto sempre con noi, con il muso e con gl'occhi che erano capaci di parlare, di dire se era felice o se aveva qualcosa che non andava. Un cane buono, buonissimo, silenzioso, affettuoso. Geloso di Connie, la femmina, arrivata sei anni dopo a rompere l'idillio della sua vita da re di casa, della sua poltrona. e del suo posto privilegiato. Ma alla fine sono diventati una cosa sola, con lui che si posizionava davanti a lei per difenderla da ogni possibile minaccia, anche se non avrebbe potuto fare male ad una mosca. Pacioso, divertente, con quel muso brizzolato dato un po’ dagli anni, un po’ da un morso di un cane che l'ha spaventato a tal punto da farlo diventare canuto. Mi scendono le lacrime, al pensiero di averlo perso e al pensiero del vuoto che ci sarà ora in casa, al viso triste di Franco e di mia madre. Non ho molte parole.
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venerdì, ottobre 10, 2003
UFF! Ci sono momenti nella vita in cui ti rendi conto, in maniera tangibile, che stai crescendo. Questi momenti sono difficili e duri da affrontare e vorresti tornare indietro, nella pancia della mamma, rifare tutto e dire stop.
Ma le decisioni devono essere prese e nessuno lo può fare per te e non possono essere rimandate, perché è come rimandare la propria vita. Ma come si fa a sapere quale sarà la via giusta di intraprendere?
Non si tratta di lasciare un ragazzo o di scegliere l'indirizzo universitario, che voglio dire, già quelle sono decisioni che per forza di cose indirizzeranno la vita, ma sono accompagnate il più delle volte dalle braccia dei genitori, che osservano e vegliano, dall'approvazione del mondo che ti circonda, o dal dissenso.
Ora invece si è soli, con la propria vita in mano e avresti voluto non correre così tanto per diventare grande, perché in fondo non lo sei ancora, dentro, o non hai ancora abbastanza fiducia in te stesso per renderti conto che lo puoi fare. Ma sai che ce la fai, che ce la devi fare e comunque qualsiasi decisione sarà qualcosa e poi si vedrà.
Il mio problema è che ho paura, non voglio nascondermi dietro a nessuno, per non potermi poi dare la scusa che non è stata colpa mia, e non voglio deludere nessuno, coloro che hanno fiducia in me e che mi vogliono bene.
Vorrei che ci fosse qualcuno che mi scrivesse su un bigliettino nascosto in un biscotto della fortuna cinese la risposta, così, per caso e vorrei un tavor per riuscire finalmente a dormire e togliermi questo pensiero dalla testa e un antidolorifico per questo cazzo di orecchio.
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Ma le decisioni devono essere prese e nessuno lo può fare per te e non possono essere rimandate, perché è come rimandare la propria vita. Ma come si fa a sapere quale sarà la via giusta di intraprendere?
Non si tratta di lasciare un ragazzo o di scegliere l'indirizzo universitario, che voglio dire, già quelle sono decisioni che per forza di cose indirizzeranno la vita, ma sono accompagnate il più delle volte dalle braccia dei genitori, che osservano e vegliano, dall'approvazione del mondo che ti circonda, o dal dissenso.
Ora invece si è soli, con la propria vita in mano e avresti voluto non correre così tanto per diventare grande, perché in fondo non lo sei ancora, dentro, o non hai ancora abbastanza fiducia in te stesso per renderti conto che lo puoi fare. Ma sai che ce la fai, che ce la devi fare e comunque qualsiasi decisione sarà qualcosa e poi si vedrà.
Il mio problema è che ho paura, non voglio nascondermi dietro a nessuno, per non potermi poi dare la scusa che non è stata colpa mia, e non voglio deludere nessuno, coloro che hanno fiducia in me e che mi vogliono bene.
Vorrei che ci fosse qualcuno che mi scrivesse su un bigliettino nascosto in un biscotto della fortuna cinese la risposta, così, per caso e vorrei un tavor per riuscire finalmente a dormire e togliermi questo pensiero dalla testa e un antidolorifico per questo cazzo di orecchio.
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mercoledì, ottobre 08, 2003
Vota Antonio vota Antonio... e dopo lo strabiliante risultato di Schwarzy, la carriera politica dei palestrati sembra avere grosse speranze e probabilità. Un'altra stella sta per nascere e risplendere nel firmamento radicale: Michele Lembo, classe 1969. Un ragazzo che finge di essere un semplice palestrato, ma che in realtà sa tutto, di qualsiasi cosa, in particolare della storia e del linguaggio. Avversario accanito dell'esperanto, appassionato di libri sul fascismo, sul nazismo e a volte sul Comunismo (ora sul suo comodino c'è niente meno che «Vichy») e affascinato dalla figura di Mussolini. Ma niente di tutto ciò ha a che vedere con le sue idee: ama solo conoscere e scrutare ciò che si cela dietro alla storia, rossa (è il massimo esperto del caso Moro e della storia delle BR in generale) e nera. Inutile parlare della first lady… E' affascinato dalla politica radicale, ma non in maniera superficiale, ma alquanto critica, come se dovesse creare il contraddittorio più a se stesso, alle proprie idee che nei confronti di Pannella & c. Convinto sostenitore della non ideolocizzazione del PR e del recupero profondo del significato della doppia tessera, cioè della battaglia e quindi del mezzo come fine, si batte contro ogni forma di etnicizzazione dei radicali. E questo è solo l'inizio, a voi la scelta.
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martedì, ottobre 07, 2003
Venghino venghino siori e siore… si apre la caccia grossa. Venghino e poterete votare alle più assurde votasioni del mondo. Venghino, è un gioco da maestri! Basta registrarsi al sito radicali.it e ricevere la password. E' stupendo siori e siore, un'emosione garantitaaaaaa!
Poterete anche partezipare e candidarvi, e avere la speziale possibilità di far parte del Comitato Nazionale di Radicali Italianiiiiiiiii! Venghino, avvizinatevi, partezipate anche voi!
Le regole sono semplizi, vinze chi riesce a fare più mail false e ad avere più password di tuttiiiiii. E' un gioco da ragazzi! E allora sbrigatevi, non lasciatevi perdere questa occasione, poterete poi dire la vostra con Pannella & c. Forsa siori e siore, la caccia è aperta!
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Poterete anche partezipare e candidarvi, e avere la speziale possibilità di far parte del Comitato Nazionale di Radicali Italianiiiiiiiii! Venghino, avvizinatevi, partezipate anche voi!
Le regole sono semplizi, vinze chi riesce a fare più mail false e ad avere più password di tuttiiiiii. E' un gioco da ragazzi! E allora sbrigatevi, non lasciatevi perdere questa occasione, poterete poi dire la vostra con Pannella & c. Forsa siori e siore, la caccia è aperta!
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lunedì, ottobre 06, 2003
Domani sono 4 mesi che un compagno è scomparso. Adriano mi ha fatto venire in mente questa cosa. Tutto comunque continua, per alcuni anche meglio, come se dovessero ringraziare per questo tragico evento. Questa mattina sentivo nel dormiveglia il segretario che parlava dei progressi fatti per internet, del nuovo progetto per radicali.it. Recentemente anche l'homepage della radio ha subito un restailing quasi totale. Persone che dal nulla hanno cambiato le cose, calpestando quasi il lavoro di una vita di una persona. Ma io non ho questa impressione, io non credo che il suo lavoro sia stato calpestato, credo anzi che le persone abbiano sfruttato - per l'ennesima volta - a proprio vantaggio il lavoro altrui, facendo le modifiche necessarie, ma abbiano preso progetti che stavano nel cassetto da un po’, li abbiano tirati fuori e messo una bella e unica firma sopra. Almeno, questo è quello che credo. Si ride sopra il sorriso che a stento sbocciava, quello di una persona che aveva deciso di cambiare tutto, ma che forse non ne ha avuto la forza. L'unica cosa che rimane ora di lui, del suo lavoro autografo, sono 5 persone, legate non solo da un rapporto lavorativo, ma da una strana amicizia trasversale e un sito, che forse aveva poche aspirazioni, ma Rino ci metteva il cuore.
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venerdì, ottobre 03, 2003
Cose dall'altro mondo. Ieri sera Michele ed io, dopo il lavoro, siamo andati a fare la spesa da Auchan, sulla Casilina, uno dei pochi posti a Roma dove puoi fare la spesa dopo le 8 di sera. Abbiamo finito alle 9.30 e abbiamo deciso di andare a mangiare fuori. Abbiamo optato per "Da Oio a casa mia", a Testaccio. Michele ha mangiato mix di prosciutto e salumi, tonnarelli cacio e pepe, abbacchio al forno con le patate e mezza porzione di rigatoni all'ammatriciana. Io, invece, verdure alla griglia e l'altra mezza porzione di rigatoni all'ammatraciana. Vino e acqua. Due caffè. Quando siamo tornati a casa (sua), abbiamo scaricato la spesa davanti al portone in fretta e furia per poter poi parcheggiare la macchina. Quando ho aperto il portone mi sono trovata davanti una gentile signora anziana che mi diceva qualcosa in romanaccio stretto e che io non capivo, ma le sorridevo. Questa signora si è poi avventata sulla spesa e ha cominciato a portare su i sacchetti più leggere: ci voleva fottere la spesa! Aveva messo la roba davanti alla porta a destra del secondo piano! Arrivato Michele ha preso tutto e l'ha portato in casa. Capitolo chiuso.
Andiamo a letto e ci addormentiamo. Verso le 2 di notte suona il campanello, io mi sveglio di soprassalto e Michele pure. Ci fissiamo negl'occhi con sguardi allucinati "Chi può essere?!". Il campanello risuona. Michele si alza e va a chiedere chi è: "Sono Maria Teresa", risponde una voce, la stessa voce della signora delle spesa… "Maria Teresa chi?" chiede Michele, "Ma come Maria Teresa chi?" e se ne va. Michele insiste per aprire, io glielo proibisco: ho preso un colpo pazzesco e già mi vedevo la signora trasformata in nonnetta ninja che zompava per i muri di casa e che diceva "O la borsa o la vita, ehehehehehe".
Stamattina abbiamo saputo dalla padrona del bar che la signora si era persa e che l'appartamento di Michele è quello dove la signora viveva anni prima.
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Andiamo a letto e ci addormentiamo. Verso le 2 di notte suona il campanello, io mi sveglio di soprassalto e Michele pure. Ci fissiamo negl'occhi con sguardi allucinati "Chi può essere?!". Il campanello risuona. Michele si alza e va a chiedere chi è: "Sono Maria Teresa", risponde una voce, la stessa voce della signora delle spesa… "Maria Teresa chi?" chiede Michele, "Ma come Maria Teresa chi?" e se ne va. Michele insiste per aprire, io glielo proibisco: ho preso un colpo pazzesco e già mi vedevo la signora trasformata in nonnetta ninja che zompava per i muri di casa e che diceva "O la borsa o la vita, ehehehehehe".
Stamattina abbiamo saputo dalla padrona del bar che la signora si era persa e che l'appartamento di Michele è quello dove la signora viveva anni prima.
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giovedì, ottobre 02, 2003
Io non ho un talento. Ieri sera, in un dopo cena davanti alla televisione, Michele ed io abbiamo parlato delle vicende famigliari mie ed in particolare di mia madre. Gli ho spiegato alcune cose che la riguardano e ai suoi momenti di fuga da certe situazioni (sani, ovviamente). Mi sono accesa al pensiero che le persone che "costringono" mia madre a questa "fuga" in realtà avrebbero molte più possibilità di me per realizzarsi, perché possiedono un talento, sono nate con una dote innata. C'è chi sa cantare, c'è chi sa scrivere, c'è chi sa disegnare. Io per esempio credo non avere nessuna dote, nessun talento particolare. Mi sono tirata su le maniche e ho cercato di capire le cose in cui potevo riuscire meglio e penso di non essere ancora arrivata al traguardo (cioè di aver capito cosa voglio fare da grande, cosa voglio essere, qual è il mio talento), anzi, credo che il cammino sia appena cominciato. Mi dispaccio quindi e mi saltano anche un po’ i nervi, al pensiero che chi a differenza mia è nato con un dono, non lo sfrutti e, anzi, si nasconda dietro al proprio vittimismo per dirsi "io non ce la faccio", per non tirare fuori le unghie e cercare di essere soddisfatto per quello che fa, senza trascinarsi ed ingobbirsi. Non mi riferisco solo al lavoro. Anche se sono convinta che una persona al giorno d'oggi debba cercare di fare ciò che gli piace, visto che passiamo la maggior parte delle nostre ore al lavoro, credo che questo discorso valga per tutto e il tutto è una torta, che ha bisogno di tutti gli ingredienti ed in dose equilibrata, altrimenti è cattiva. Il lavoro credo sia il lievito, che non dà sapore, ma che ti permette di avere la torta. E se non c'è amore nel fare la torta e ci si dimentica il lievito, o se ne mette troppo poco (o lo si affronta in maniera sbagliata - parlando fuor di metafora), non c'è equilibrio. Forse è per questo che mi piace tanto cucinare, è una questione di equilibrio e di armonia tra i sapore, è la ricerca e la conoscenza delle pietanze, con amore, con gusto e con olfatto. Così dovrebbe essere per tutti.
(Abbastanza banale questo post??)
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mercoledì, ottobre 01, 2003
'Mpepata di cozze o vongole al vino? Ah, che capre che siete!! Per una volta che parlo di argomenti seri l'unica cosa che sapete dire è che scrivo pipponi e non fate nessun commento, nessuna mail, nessun interesse per ciò che riguarda tutti noi. Ma questa indifferenza vi si ritorcerà contro!!
Va beh, comunque, ho visto che non vi interessa niente del free software o del WSIS, o delle varie campagne radicali, quindi vi racconto un'altra delle mie sciocchezze.
Ieri per la prima volta in vita mia ho mangiata l'impepata di cozze! E pensare che il piatto nazionale belga (io sono mezza belga) è "cozze e patate fritte" - mangiate insieme. Ma l'impepata mai. Quando poi - parlando di cucina e di molluschi - mi è stato detto che per i napoletani mettere il vino sulle vongole è una bestemmia, mi sono sentita un po’ un'aliena. Certo, le patate fritte con le cozze non si erano mai sentite, ma il vino sì! E sennò come si fanno gli spaghetti alle vongole??
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Va beh, comunque, ho visto che non vi interessa niente del free software o del WSIS, o delle varie campagne radicali, quindi vi racconto un'altra delle mie sciocchezze.
Ieri per la prima volta in vita mia ho mangiata l'impepata di cozze! E pensare che il piatto nazionale belga (io sono mezza belga) è "cozze e patate fritte" - mangiate insieme. Ma l'impepata mai. Quando poi - parlando di cucina e di molluschi - mi è stato detto che per i napoletani mettere il vino sulle vongole è una bestemmia, mi sono sentita un po’ un'aliena. Certo, le patate fritte con le cozze non si erano mai sentite, ma il vino sì! E sennò come si fanno gli spaghetti alle vongole??
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