sabato, agosto 30, 2003
Come si fa a spiegare un concetto che non ha parole? Che non è spiegabile. Come si fa a rendere concreto qualcosa che si può solo sentire. Il passato di ognuno è una carta fondamentale per riuscire a capire il caleidoscopio, il perché ad ogni minimo movimento la forma cambia e ti sembra che sia simile a quella precedente, a volte uguale, a volte totalmente diversa, ma cambia sempre, anche per un solo piccolo millimetro di movimento. Così è. Le cose non si ripetono, cambiano nel fluire del tempo, nella crescita di ciò che circonda, nei millimetri che sembrano non contare. E poi ti guardi indietro e scopri che i vari millimetri hanno formato chilometri e ti accorgi che sei tu ad essere cresciuto. Le paure rimangono, soprattutto se ancora non ti sei voltato per osservare e capire quanta strada hai già fatto, perché sai che ne devi fare ancora tanta e non vuoi perdere tempo nel guardare indietro. Forse fa anche un po’ male e la mente non è spesso abbastanza lucida per permettere di razionalizzare il percorso. La cosa di cui sono certa è che il diagramma è sempre in salita, con picchi verso l'alto o verso il basso, ma sempre in salita, come un investimento su un fondo azionario a lungo termine. Ci sono cose che sembrano ripetersi, ma è così se ci si limita a guardare la superficie, se non si guarda anche tutto il resto, perché forse non lo si conosce e si fa fatica quindi solo ad intuirlo. Non è facile spiegare ciò che non ha parole.
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venerdì, agosto 29, 2003
Mi hanno rubato la bicicletta! Nemmeno una settimana di vita e nemmeno il tempo di darle un nome. Sono scesa questa mattina - dopo, incredibile ma vero, aver avuto una discussione - ho aperto il portone di casa e non c'era... scomparsa! il palo era solo, senza la mia bici! c'erano tutte tranne la mia! rubata!
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giovedì, agosto 28, 2003
Critiche bizzarre da ultra-snob. A cosa serve essere spocchiosi? A cosa serve dire "io conosco questo, sono stato a cena con quell'altro", o "ho fatto cose megagalattiche in barca, appesi ad un paracadute o su un terrazzo di un attico in Piazza di Spagna".
Non provengo da una famiglia umile e ho frequentato la c.d. "alta societa'", certo, non romana. Ma non ho mai fatto vanto di cio' che mi circondava e di cui anche facevo parte. Non ho mai cercato di ostentare quello di cui avevo la fortuna di essere circondata. Se non da quando sono a Roma. Qui se non conosci qualcuno non sei nessuno e se non cerchi di entrare a far parte di certi ambienti sei un alieno, e della categoria piu' strana, hai qualcosa che non funziona nel cervello.
Da quasi due anni sono sbarcata nella capitale, per scelta. E subito mi sono imbattuta nel dover dimostrare chi fossi: c/c, bot, cct, case, macchine, orologi, amici in vista e potenti, "passaporto prego".
Ieri facevo una riflessione: ma cosa mi manca? Niente! O quello che mi manca non e' certo di vitale importanza, non e' questione di sopravvivenza. Ma appena ho qualcosa in piu' poi non mi basta. "Vivo" in una sorta di comune, con altri 3 ragazzi, ma dove minimo ci sono sempre almeno 7 persone. Il bagno funziona male e la cucina non e' di certa degna del miglior chef, la camera e' carina, ma con la porta che non si chiude e le finestre che fanno passare gli spifferi. Dall'altra parte "vivo" in un'altra casa, carina, con la prospettiva di una cucina con tutti gli optional (ora pure la lavatrice!), un bagno degno di essere chiamato tale, e tra una settimana pure il salotto, con un mega-divano pronto per i riposini della domenica pomeriggio, in una delle zone piu' ambite e caratteristiche di Roma.
Non mi sento diversa, se non per i motivi che mi invogliano a vivere da una parte o dall'altra. Il sorriso in faccia ce l'ho comunque e non credo che un divano mi abbia cambiato la vita, mi ha solo fatto venir voglia di avere anche una libreria, un tavolino basso e una cassapanca. Oggetti!
Perche' allora non doversi mai accontentare? E' un sentimento che provo da quando sono qui ed e' un riflesso che assorbo da cio' che mi viene comunicato dall'esterno, dal fatto di dover essere e dover apparire (o dover essere per apparire).
Non sopporto chi legge libri perche' deve poter dire di aver letto quel libro, o chi guarda film esclusivamente d'autore o delle rassegne dei festival, quando magari sono una schifezza.
Mi diverte guardare Pozzetto e ogni tanto ho letto anche qualche libro trash alla Wilbur Smith o Daniel Steel, perche' no! Guardo Beautiful e non nascondo che ogni tanto ho visto qualche programma di Maria de Filippi. Cio' non toglie che faccia anche qualcos'altro, che ritengo piu' importante di andare a cena o in barca con qualche ambasciatore o qualche principessa. Conosco Marco Pannella, ma e' solo un caso, legato alla mia passione, i radicali e ho sempre cercato di non servirmi di lui, ne' nella mia militanza, ne' in qualsiasi altra cosa.
Roma e' una citta' malata!
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Non provengo da una famiglia umile e ho frequentato la c.d. "alta societa'", certo, non romana. Ma non ho mai fatto vanto di cio' che mi circondava e di cui anche facevo parte. Non ho mai cercato di ostentare quello di cui avevo la fortuna di essere circondata. Se non da quando sono a Roma. Qui se non conosci qualcuno non sei nessuno e se non cerchi di entrare a far parte di certi ambienti sei un alieno, e della categoria piu' strana, hai qualcosa che non funziona nel cervello.
Da quasi due anni sono sbarcata nella capitale, per scelta. E subito mi sono imbattuta nel dover dimostrare chi fossi: c/c, bot, cct, case, macchine, orologi, amici in vista e potenti, "passaporto prego".
Ieri facevo una riflessione: ma cosa mi manca? Niente! O quello che mi manca non e' certo di vitale importanza, non e' questione di sopravvivenza. Ma appena ho qualcosa in piu' poi non mi basta. "Vivo" in una sorta di comune, con altri 3 ragazzi, ma dove minimo ci sono sempre almeno 7 persone. Il bagno funziona male e la cucina non e' di certa degna del miglior chef, la camera e' carina, ma con la porta che non si chiude e le finestre che fanno passare gli spifferi. Dall'altra parte "vivo" in un'altra casa, carina, con la prospettiva di una cucina con tutti gli optional (ora pure la lavatrice!), un bagno degno di essere chiamato tale, e tra una settimana pure il salotto, con un mega-divano pronto per i riposini della domenica pomeriggio, in una delle zone piu' ambite e caratteristiche di Roma.
Non mi sento diversa, se non per i motivi che mi invogliano a vivere da una parte o dall'altra. Il sorriso in faccia ce l'ho comunque e non credo che un divano mi abbia cambiato la vita, mi ha solo fatto venir voglia di avere anche una libreria, un tavolino basso e una cassapanca. Oggetti!
Perche' allora non doversi mai accontentare? E' un sentimento che provo da quando sono qui ed e' un riflesso che assorbo da cio' che mi viene comunicato dall'esterno, dal fatto di dover essere e dover apparire (o dover essere per apparire).
Non sopporto chi legge libri perche' deve poter dire di aver letto quel libro, o chi guarda film esclusivamente d'autore o delle rassegne dei festival, quando magari sono una schifezza.
Mi diverte guardare Pozzetto e ogni tanto ho letto anche qualche libro trash alla Wilbur Smith o Daniel Steel, perche' no! Guardo Beautiful e non nascondo che ogni tanto ho visto qualche programma di Maria de Filippi. Cio' non toglie che faccia anche qualcos'altro, che ritengo piu' importante di andare a cena o in barca con qualche ambasciatore o qualche principessa. Conosco Marco Pannella, ma e' solo un caso, legato alla mia passione, i radicali e ho sempre cercato di non servirmi di lui, ne' nella mia militanza, ne' in qualsiasi altra cosa.
Roma e' una citta' malata!
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mercoledì, agosto 27, 2003
Domenica ho comprato una bicicletta a Porta Portese. E' un po’ scassata: la forcella deve avere qualche problema e il sellino è un po’ staccato, ma i freni funzionano e i copertoni delle ruote sono nuovi. Non so come mai, ma andare in giro per Roma con la bicicletta mi dà una bella sensazione, mi sento un po’ aliena in mezzo a tutti i motorini che sfrecciano al triplo della mia velocità e alle macchine che si incastrano tra di loro nelle vie. E io pedalo, tranquilla, con la gente che mi osserva sorridendo e io sorrido a loro.
E' tutta nera ed è la parente antica della Graziella, ma senza cestino e senza faro. Come faccio abitualmente, ora devo darle un nome… il motorino si chiamava A-buso, l'altra bici Ruscello, la mia prima macchina Bimba. Ora non lo so, ci devo ancora pensare, so che è maschio, ma non lo so... cose un po’ infantili, ma che coccolano gli oggetti, li rendono vivi a chi li possiede. (0) commenti
E' tutta nera ed è la parente antica della Graziella, ma senza cestino e senza faro. Come faccio abitualmente, ora devo darle un nome… il motorino si chiamava A-buso, l'altra bici Ruscello, la mia prima macchina Bimba. Ora non lo so, ci devo ancora pensare, so che è maschio, ma non lo so... cose un po’ infantili, ma che coccolano gli oggetti, li rendono vivi a chi li possiede. (0) commenti
lunedì, agosto 25, 2003
Comunicazione di servizio: mi scuso con i miei innnnuuuummmeeerevolissssimmii lettori, ma avevo fatto un pò di casino per il pop up dei commenti e non comparivano più. ora ho risistemati tutto, quindi si rivedono i vecchi e si può ricomunciare a metterne di nuovi. :-)
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Tarta e Clara. Sembra una figura retorica, due nomi messi insieme per assonanza che insieme vogliono significare una cosa unica. Come si fa per le campagne pubblicitarie.
Lui: artista, geniale nella rapidità di linguaggio e nella percezione degl'altri. Artista in tutto, nella musica in particolare, con la quale vive, si esprime, esprime il sé agl'altri e gl'altri a sé. Cinico, assoluto, intransigente, con la sindrome della normalità
Lei: Artista di teatro e teatrale nella vita. Capace di nascondersi da tutto e da tutti per le sue doti di trasformarsi in personaggi diversi nel lasso di pochi minuti. Delicata, leggera, spigolosa, silenziosa, perbenista, con la paura di non essere all'altezza della normalità.
Insieme per caso, in una situazione prevista dai più, in un ambiente fuori da qualsiasi giudizio e da qualsiasi porta conosciuta. Insieme quasi per forza, per lasciare spazio ai desideri degl'altri. Conosciuti nell'intimo, con la paura del dopo chissà cosa succederà. Sono riusciti ad intuire l'uno dell'altra cose sconosciute a tutti: le difficoltà di ognuno, le paure, le perplessità della vita e sono diventate improvvisamente persone nuove ai propri occhi, celando al gruppo questa meravigliosa scoperta. Ora il genio che era emerso è scomparso e le due anime hanno ripreso la loro strada di sempre, forse sole, forse no.
Peccato, c'era della luce nei loro occhi.
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Lui: artista, geniale nella rapidità di linguaggio e nella percezione degl'altri. Artista in tutto, nella musica in particolare, con la quale vive, si esprime, esprime il sé agl'altri e gl'altri a sé. Cinico, assoluto, intransigente, con la sindrome della normalità
Lei: Artista di teatro e teatrale nella vita. Capace di nascondersi da tutto e da tutti per le sue doti di trasformarsi in personaggi diversi nel lasso di pochi minuti. Delicata, leggera, spigolosa, silenziosa, perbenista, con la paura di non essere all'altezza della normalità.
Insieme per caso, in una situazione prevista dai più, in un ambiente fuori da qualsiasi giudizio e da qualsiasi porta conosciuta. Insieme quasi per forza, per lasciare spazio ai desideri degl'altri. Conosciuti nell'intimo, con la paura del dopo chissà cosa succederà. Sono riusciti ad intuire l'uno dell'altra cose sconosciute a tutti: le difficoltà di ognuno, le paure, le perplessità della vita e sono diventate improvvisamente persone nuove ai propri occhi, celando al gruppo questa meravigliosa scoperta. Ora il genio che era emerso è scomparso e le due anime hanno ripreso la loro strada di sempre, forse sole, forse no.
Peccato, c'era della luce nei loro occhi.
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martedì, agosto 19, 2003
Marco Pannella annucia lo sciopero della fame affinchè "si decida sulla necessità che questa cosa finisca", per una persona "che vive e produce quello che vive e produce Adriano Sofri".Questa è la domanda che Pannella ha voluto sollevare con la sua iniziativa nonviolenta. Ed é questa la domanda su cui il leader radicale vuole portare a confronto i giuristi in un convegno pubblico da organizzare entro il 31 agosto. "Credo che chiunque, a cominciare dal presidente della Repubblica, ha bisogno di questo contributo." Pannella si rivolge anche agli animatori del digiuno contro l'oblio: "A questo punto è necessario passare alla scelta e alla proposta della conoscenza come elemento di decisione, perché la legge scritta viga." Pagina Speciale su www.radicalparty.org
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mercoledì, agosto 13, 2003
Paranoie estive da testa vuota. Sono tornata al lavoro, dopo due settimane di vacanze. Sono letteralmente volate, mi sembra di non essere mai partita. La cosa che mi fa accorgere che siamo in periodo di ferie è il deserto che regna qui al partito. Pure mihai oggi non è venuto, il che è tutto dire. Le persone che sono presenti si contano sulle dita d due mani. Non ho molto da fare e non ho nemmeno voglia di inventarmi qualcosa. In realtà ci sarebbero un sacco di cose arretrate, dai giorni di assenza e pure da un sacco di tempo, ma non sono urgenti, quindi lascerò passare ancora un po’ di giorni, prima devo rientrare con la testa in questo posto.
Tra i radicali le cose non sono cambiate molto: in vista per il 15 agosto c'è la solita manifestazione a San Pietro "No Taliban No Vatican", ma non molto di più, i reduci sembra che stiano aspettando questo scoglio per poter poi partire. Dopo il 15 credo che sarà veramente il deserto qui dentro.
Ieri mi sono iscritta in una palestra per un mese, c'è anche la piscina. Mi mettono un po’ di soggezione questi posti di incontro umano dove si pratica dello sport artificiale. Mi è sempre sembrato un po’ stupido simulare una corsa o una camminata o vedere persone che si mettono alla prova su quanto peso riescono a sollevare. Boh. Comunque penso che per questo inverno cercherò di organizzarmi per ricominciare a fare un po’ di movimento. Mi piacerebbe ricominciare a giocare a golf, ma a parte il tempo, lo stipendio non mi sembra abbastanza sufficiente. Magari mi butterò in qualche arte marziale.
…e mi ritorna in mente, in questo momento di apatia lavorativa. Quell'otto maggio, in cui mi sono trovata per la prima volta veramente sola. Mi sembra sia passato un secolo, ma ancora vedo ben chiara la strada, il deserto delle macchine, i singhiozzi. Ho preso freneticamente il telefono in mano per chiamare tutti i numeri della rubrica, compresa mia madre, che sarebbe dovuta essere l'ultima a dover sentirmi in quelle condizioni, a 600 km di distanza, ed è stata anche l'unica a prendere la macchina e farmi sentire quanto lei è importante per me e quanto in fondo avessi fatto bene a chiamarla. Non ce l'avrei mai fatta a svuotare quella casa da sola, a prendere il gatto e dire addio a tutto, andare in ospedale e rendermi conto che questa volta avevo qualcosa di grave.
Lui non c'era, anche se l'ho chiamato, per un semplice rifugio per quella notte. Ma forse è meglio così, forse adesso la situazione sarebbe ancora più grave, magari, per un semplice gesto di amicizia nei miei confronti o per rabbia per il fatto che in un dato momento non ho scelto la cosa giusta. Un po’ però se ci penso mi avrebbe fatto piacere, ma sono solo stupidaggini irrazionali. Mi rendo conto che quel momento di confine nella mia vita, quel fatidico otto maggio, per gli altri era solo un giorno come un altro. Floriana ha vinto la terza edizione del GF! Come ha scritto qualcuno nel proprio blog. Storie che nascono o che muoiono, o che proseguono, incoscienti di ciò che succede nelle piccole vite di tutti, nella mia.
Mi sembra impossibile adesso poter parlare e scrivere e pensare come sto facendo, come se veramente avessi voltato pagina. A volte è così, mi sembra veramente di esserci riuscita. Altre volte non lo so, sospiro e spero, questa cosa non mi ha mai abbandonata, la fiducia, la volontà di cambiare le cose e superarle, la voglia di normalità e di sorridere. (0) commenti
Tra i radicali le cose non sono cambiate molto: in vista per il 15 agosto c'è la solita manifestazione a San Pietro "No Taliban No Vatican", ma non molto di più, i reduci sembra che stiano aspettando questo scoglio per poter poi partire. Dopo il 15 credo che sarà veramente il deserto qui dentro.
Ieri mi sono iscritta in una palestra per un mese, c'è anche la piscina. Mi mettono un po’ di soggezione questi posti di incontro umano dove si pratica dello sport artificiale. Mi è sempre sembrato un po’ stupido simulare una corsa o una camminata o vedere persone che si mettono alla prova su quanto peso riescono a sollevare. Boh. Comunque penso che per questo inverno cercherò di organizzarmi per ricominciare a fare un po’ di movimento. Mi piacerebbe ricominciare a giocare a golf, ma a parte il tempo, lo stipendio non mi sembra abbastanza sufficiente. Magari mi butterò in qualche arte marziale.
…e mi ritorna in mente, in questo momento di apatia lavorativa. Quell'otto maggio, in cui mi sono trovata per la prima volta veramente sola. Mi sembra sia passato un secolo, ma ancora vedo ben chiara la strada, il deserto delle macchine, i singhiozzi. Ho preso freneticamente il telefono in mano per chiamare tutti i numeri della rubrica, compresa mia madre, che sarebbe dovuta essere l'ultima a dover sentirmi in quelle condizioni, a 600 km di distanza, ed è stata anche l'unica a prendere la macchina e farmi sentire quanto lei è importante per me e quanto in fondo avessi fatto bene a chiamarla. Non ce l'avrei mai fatta a svuotare quella casa da sola, a prendere il gatto e dire addio a tutto, andare in ospedale e rendermi conto che questa volta avevo qualcosa di grave.
Lui non c'era, anche se l'ho chiamato, per un semplice rifugio per quella notte. Ma forse è meglio così, forse adesso la situazione sarebbe ancora più grave, magari, per un semplice gesto di amicizia nei miei confronti o per rabbia per il fatto che in un dato momento non ho scelto la cosa giusta. Un po’ però se ci penso mi avrebbe fatto piacere, ma sono solo stupidaggini irrazionali. Mi rendo conto che quel momento di confine nella mia vita, quel fatidico otto maggio, per gli altri era solo un giorno come un altro. Floriana ha vinto la terza edizione del GF! Come ha scritto qualcuno nel proprio blog. Storie che nascono o che muoiono, o che proseguono, incoscienti di ciò che succede nelle piccole vite di tutti, nella mia.
Mi sembra impossibile adesso poter parlare e scrivere e pensare come sto facendo, come se veramente avessi voltato pagina. A volte è così, mi sembra veramente di esserci riuscita. Altre volte non lo so, sospiro e spero, questa cosa non mi ha mai abbandonata, la fiducia, la volontà di cambiare le cose e superarle, la voglia di normalità e di sorridere. (0) commenti
martedì, agosto 12, 2003
Racconto postumo. Durante i momenti di nullafcenza tendo sempre a ripercorrere la mente verso il passato recente, in particolare verso quei momenti apparentemente insignificanti, ma che hanno invece lasciato un segno. Questo racconto è un segno di questa memoria.
Ore 3.40 del 14 giugno 2003.
Rientro a casa dopo una serata improvvisata con Michele. Metto la chiave nella toppa della porta d'entrata. Liviana (la mia coinquilina) ha lasciato le chiavi infilate e ha dato due giri di chiavistello: sono chiusa fuori. Provo e riprovo ad infilare la chiave, niente da fare, la porta è proprio chiusa e Liviana non dà segni di vita. Resto davanti alla porta indecisa se suonare o meno per circa due minuti, durante i quali cammino avanti e indietro per il pianerottolo. Suono. Risuono. Risuono. Niente. Sicuramente si è svegliata, ha il sonno leggero, ma non ha voglia di alzarsi.
E' strano come in queste situazioni ci si renda conto che non potrebbe andare peggio: a piedi, senza documenti, senza telefono, con "soli" 10 euro in tasca, ma nonostante questo non me la sono presa, non mi sono arrabbiata, nemmeno una parola di imprecazione, come se fossero le 4 del pomeriggio e non di notte.
Così decido di prendere la mia strada ed esco di casa. Zona Monte Parioli. Lontano. Penso a dove potrei andare. Forse Michele è ancora sveglio. Mi incammino verso il Lungotevere, destinazione Trastevere. Attraverso tutta una serie di strade di cui non conosco il nome e noto cose che dalla macchina non avevo mai avuto l'opportunità di osservare. Si intravede che sta nascendo il sole, il cielo comincia a farsi un po’ più chiaro.
Attraverso un ponte e volto a sinistra. Percorro una strada che mi sembra non finisca mai, forse perché è sempre uguale dalla parte dell'argine. Ripensandoci avrei dovuto attraversare la strada. In giro non c'è nessuno e me ne accorgo perché non c'è quell'odore acre e caldo di gas di scarico delle macchine e il vento che arriva in faccia non è provocato da mezzi di trasposrto di ogni tipo che sfrecciano.
Arrivo a Castel Sant'Angelo. Ho sempre sorriso nel vederlo, con lo sfondo del Cupolone, ho sempre cercato di non abituarmici e di guardarlo ogni volta che passavo. Faccio una piccola deviazione: attraverso il ponte, perché voglio vedere Tor Millina vuota, piazza Navona mentre albeggia e Campo dè Fiori che monta il mercato. Né è valsa la pena e dal Ghetto attraverso Ponte Garibaldi. Sono a Trastevere. Non ricordo benissimo dove sta di casa Michele, ma riconosco le strade man mano che le percorro e arrivo facilmente a destinazione. Ormai è chiaro, un orologio segna le 5.15, ma non giurerei che fosse giusto.
Arrivo sotto casa e suono. Suono. Suono. Stesso copione di prima, solo che questa volta in casa non c'è nessuno. Mi guardo attorno ed effettivamente la moto di Michele non c'è, sarà andato a dormire dai genitori. Ormai sono per strada, così decido di avviarmi verso il partito. Ho capito che per questa notte non si dorme!
Ripercorro la strada di prima, solo che ora ho molta meno fretta, ho circa 3 ore prima che il partito apra. Verso le 6.15 (orologio di Torre Argentina) arrivo davanti al portone e stupidamente mi chiedo cosa ci sto a fare lì, come se cercassi conforto, in una notte da zingara, di qualcosa di famigliare.
Dalle 3.15 alle 6.15 Roma è praticamente una città morta, l'unico rumore percepibile è quello dei gabbiani, che fanno dei versi molto strani, non direi mai che siano uccelli, sembrano piuttosto dei gatti in calore. Vorrei comprare il Corsera e il Foglio, ma vorrei pure un caffè. Devo fare i conti con i miei 10 euro: caffè 0.65, Corsera 0.90, Foglio 1.0, totale 2.55, ci sta pure un succo di frutta. Se si vogliono comprare il Corriere e il Foglio dalle parti di Torre Argentina non bisogna mai azzardarsi a farlo prima delle 7.00. I giornalai sono aperti, ma sono impegnati a posizionare le cartoline, i gadget, i souvenirs, i calendari, i poster e tutto ciò che sta su piramidi girevoli, davanti alla propria edicola. "I giornali non sono ancora arrivati", anche se si gira l'angolo e si vede che sono ancora accatastati e disposti come il distributore li ha consegnati. Un caffè sarebbe un sogno, ma di bar aperti nemmeno l'ombra.
Mi avvio verso nessuna destinazione, forse un posto dove trovare i giornali. Il ginocchio comincia a farmi male. Ho camminato molto e la nottata è stata umida. E' il primo momento di nervosismo del mio percorso. Non faccio molta strada e intravedo il Campidoglio. L'ultima volta (e la prima) che ci sono stata è nel 1989, in gita con la scuola. Mi scappa un commento:"vergogna". Giro l'angolo e noto che c'è il capolinea degli autobus di Piazza Venezia, quindi deve esserci anche un bar aperto. Bingo! Avrò il caffè. Entro in questo posto che ha l'aria di essere un incrocio tra bar dello sport e locale messo lì per caso, senza volerlo è diventato un bar.
Un signore è accucciato dietro al bancone, di spalle, sta cercando di attaccare una spina. Non mi sente quando entro e quando si gira prende paura. Chiedo un caffè e un succo alla pera. Dopo un po’ entra un conducente d'autobus, lo saluta e scopro che il signore si chiama Luigi. Luigi è tifoso della Roma, appassionato di Totti e nostalgico di Battistuta (lo vedo dai poster) ed è un animalista convinto. Il caffè non è il massimo, ma a Verona ho bevuto di molto peggio. Pago (2.65 euro) ed esco, chiedendomi cosa avranno pensato di me il signor Luigi e il conducente di autobus.
Mi avvio verso via del Corso, lì probabilmente troverò l'edicola a cui hanno "consegnato" i giornali. Mentre attraverso la strada lo sguardo si ferma sui giardinetti di Piazza Venezia. Mi dico che probabilmente sono ancora quelli che fanno il sit-in per la Palestina, ma non noto bandiere e da lontano vedo un ritratto di Saddam. Mi avvicino e capisco, dai cartelli, che sono curdi. Stanno manifestando da parecchi giorni e sono in sciopero della fame. Vorrebbero che l'Italia non li estradasse e che desse loro asilo politico. Abdel mi ha detto che se torna in Iraq gli tagliano la testa, ma che lui è solo una persona e che al governo italiano non interessa. Sono in molti, stanno tutti dormendo sul prato, con sopra una coperta di lana grezza, come quelle che si usano per fare i traslochi. Abdel mi dice che loro cercano solo di avere una vita civile e dignitosa. Ha una scritta sulla maglietta 'sciope-ro' (la scritta intera non ci stava in una sola riga). Mi domando immediatamente se la campagna Iraq Libero non debba ripartire proprio da questi ragazzi, immagino che siano sparsi in tutta Europa.
Saluto Abdel, mi ha fatto passare un po’ di tempo e lui è contento, lo vedo nel sorriso che mi regala quando me ne sto andando. Arrivo quasi in via del Corso e noto che più avanti c'è un bar tabacchi, forse ha anche i giornali. Così è e compro il Foglio e il Corriere (1.90 euro). Sono contenta ora posso andare fino al Campidoglio (per la seconda volta nella mia vita) e tranquillamente leggermi i giornali. Dell'ora non mi interessa più, ma deve essere passato un po’ di tempo, perché ho difficoltà ad attraversare la strada sulle strisce, prima un taxi e poi un motorino mi evitano all'ultimo.Questa volta affianco l'Altare della Patria e un carabiniere che fa la ronda mi saluta. Non capisco da dove viene la voce, così mi giro e lo vedo, stavo già leggendo i titoli delle prime pagine, gli sorrido.
Arrivo alla scalinata del Campidoglio. Non è faticosa, ma il ginocchio mi dà sempre più fastidio, sono stanca. Arrivo fino a su e sorrido al ricordo di quando avevo 11 anni e con i miei compagni di scuola stavo proprio lì. Ricordo che era sera e che c'erano delle fiaccole accese, poi, osservando meglio la piazza, nella memoria mi si erano forse confuse le fiaccole del Vittoriano con i lampioni del Campidoglio. Trovo la mia posizione: un davanzale che si rivolge verso piazza Venezia, mi siedo sul bordo, con la schiena appoggiata alla colonna.
Comincio a sfogliare i giornali. A dire il vero non ne ho molta voglia, ma è l'unico modo per passare il tempo. A leggere gli articoli mi si incrociano gli occhi e credo pure di essermi assopita per qualche istante. Comunque ho saputo che "Bossi si affida a Berlusconi" (e subito penso alla proposta 'radicali al governo'), che ci sono 100 morti in 48 ore in Iraq (e penso ad Abdel), la Costituzione europea ha il suo primo testo (Maurizio Turco e l'appello per la laicità dell'UE), Beckam va al Real (il signor Luigi e Totti).
Dal Foglio invece apprendo che secondo Frattini la politica estera italiana è più atlantica e parla del ruolo dell'Italia dal dopoguerra ad oggi, bah! Diaco è stato a Capocotta con una serie di veline, velone e non so che, chissà cosa avrà combinato che si cela dietro al suo piccolo racconto. Sofri è in un delirio da settenaneismo, mi chiedo se questo abbia a che vedere con la sentenza di Strasburgo, è un po’ di giorni che "sciopera con se stesso". Bossi e Berlusconi non sono più in crisi. E vissero felici e contenti, l'amico Silvio ha avuto paura ancora una volta del Marcone? Nessuno che io conosca ha scritto al direttore.
Ad un certo punto passano dei vigili, sono un po’ buffi, mi sorridono e continuano a camminare. Sorrido anch'io e chiedo loro se sanno l'ora. Il vigile gentile mi dice che sono le 8.15, quello antipatico si ricorda di essere un vigile e mi dice che devo scendere da dove sono seduta. Ringrazio il primo e faccio finta di non aver sentito il secondo. Dopo poco si gira e vede che sono ancora sul muretto e in tono seccato mi ripete che devo scendere. Borbotto ed eseguo gli ordini, tanto sono quasi le 8.30, al partito sarà arrivato qualcuno, mi posso avviare.
Questa volta nel percorrere la strada ho un po’ più di fretta, ci sono più macchine e autobus e non mi riesco a ri-immergere nella dimensione che mi ha accompagnato fino al Campidoglio. Arrivo al partito, non passo da Pascucci, il caffè l'ho già preso, forse dopo. Prendo l'ascensore e dopo qualche chiacchiera con Sergio D'Elia incontrato per strada, vado dritto al piano inferiore. Ovviamente Mihai e Manuela non sono ancora arrivati.
Svuoto le tasche per sedermi: le sigarette, l'accendino, 5.45 euro. Per scrupoli metto le mani anche nelle tasche laterali, dove avevo messo le chiavi di casa. Da quella destra esce il mazzetto, da quella sinistra escono le chiavi della macchina… le avevo prese, non si sa mai.
Sorrido, non è stata una brutta nottata! (0) commenti
Ore 3.40 del 14 giugno 2003.
Rientro a casa dopo una serata improvvisata con Michele. Metto la chiave nella toppa della porta d'entrata. Liviana (la mia coinquilina) ha lasciato le chiavi infilate e ha dato due giri di chiavistello: sono chiusa fuori. Provo e riprovo ad infilare la chiave, niente da fare, la porta è proprio chiusa e Liviana non dà segni di vita. Resto davanti alla porta indecisa se suonare o meno per circa due minuti, durante i quali cammino avanti e indietro per il pianerottolo. Suono. Risuono. Risuono. Niente. Sicuramente si è svegliata, ha il sonno leggero, ma non ha voglia di alzarsi.
E' strano come in queste situazioni ci si renda conto che non potrebbe andare peggio: a piedi, senza documenti, senza telefono, con "soli" 10 euro in tasca, ma nonostante questo non me la sono presa, non mi sono arrabbiata, nemmeno una parola di imprecazione, come se fossero le 4 del pomeriggio e non di notte.
Così decido di prendere la mia strada ed esco di casa. Zona Monte Parioli. Lontano. Penso a dove potrei andare. Forse Michele è ancora sveglio. Mi incammino verso il Lungotevere, destinazione Trastevere. Attraverso tutta una serie di strade di cui non conosco il nome e noto cose che dalla macchina non avevo mai avuto l'opportunità di osservare. Si intravede che sta nascendo il sole, il cielo comincia a farsi un po’ più chiaro.
Attraverso un ponte e volto a sinistra. Percorro una strada che mi sembra non finisca mai, forse perché è sempre uguale dalla parte dell'argine. Ripensandoci avrei dovuto attraversare la strada. In giro non c'è nessuno e me ne accorgo perché non c'è quell'odore acre e caldo di gas di scarico delle macchine e il vento che arriva in faccia non è provocato da mezzi di trasposrto di ogni tipo che sfrecciano.
Arrivo a Castel Sant'Angelo. Ho sempre sorriso nel vederlo, con lo sfondo del Cupolone, ho sempre cercato di non abituarmici e di guardarlo ogni volta che passavo. Faccio una piccola deviazione: attraverso il ponte, perché voglio vedere Tor Millina vuota, piazza Navona mentre albeggia e Campo dè Fiori che monta il mercato. Né è valsa la pena e dal Ghetto attraverso Ponte Garibaldi. Sono a Trastevere. Non ricordo benissimo dove sta di casa Michele, ma riconosco le strade man mano che le percorro e arrivo facilmente a destinazione. Ormai è chiaro, un orologio segna le 5.15, ma non giurerei che fosse giusto.
Arrivo sotto casa e suono. Suono. Suono. Stesso copione di prima, solo che questa volta in casa non c'è nessuno. Mi guardo attorno ed effettivamente la moto di Michele non c'è, sarà andato a dormire dai genitori. Ormai sono per strada, così decido di avviarmi verso il partito. Ho capito che per questa notte non si dorme!
Ripercorro la strada di prima, solo che ora ho molta meno fretta, ho circa 3 ore prima che il partito apra. Verso le 6.15 (orologio di Torre Argentina) arrivo davanti al portone e stupidamente mi chiedo cosa ci sto a fare lì, come se cercassi conforto, in una notte da zingara, di qualcosa di famigliare.
Dalle 3.15 alle 6.15 Roma è praticamente una città morta, l'unico rumore percepibile è quello dei gabbiani, che fanno dei versi molto strani, non direi mai che siano uccelli, sembrano piuttosto dei gatti in calore. Vorrei comprare il Corsera e il Foglio, ma vorrei pure un caffè. Devo fare i conti con i miei 10 euro: caffè 0.65, Corsera 0.90, Foglio 1.0, totale 2.55, ci sta pure un succo di frutta. Se si vogliono comprare il Corriere e il Foglio dalle parti di Torre Argentina non bisogna mai azzardarsi a farlo prima delle 7.00. I giornalai sono aperti, ma sono impegnati a posizionare le cartoline, i gadget, i souvenirs, i calendari, i poster e tutto ciò che sta su piramidi girevoli, davanti alla propria edicola. "I giornali non sono ancora arrivati", anche se si gira l'angolo e si vede che sono ancora accatastati e disposti come il distributore li ha consegnati. Un caffè sarebbe un sogno, ma di bar aperti nemmeno l'ombra.
Mi avvio verso nessuna destinazione, forse un posto dove trovare i giornali. Il ginocchio comincia a farmi male. Ho camminato molto e la nottata è stata umida. E' il primo momento di nervosismo del mio percorso. Non faccio molta strada e intravedo il Campidoglio. L'ultima volta (e la prima) che ci sono stata è nel 1989, in gita con la scuola. Mi scappa un commento:"vergogna". Giro l'angolo e noto che c'è il capolinea degli autobus di Piazza Venezia, quindi deve esserci anche un bar aperto. Bingo! Avrò il caffè. Entro in questo posto che ha l'aria di essere un incrocio tra bar dello sport e locale messo lì per caso, senza volerlo è diventato un bar.
Un signore è accucciato dietro al bancone, di spalle, sta cercando di attaccare una spina. Non mi sente quando entro e quando si gira prende paura. Chiedo un caffè e un succo alla pera. Dopo un po’ entra un conducente d'autobus, lo saluta e scopro che il signore si chiama Luigi. Luigi è tifoso della Roma, appassionato di Totti e nostalgico di Battistuta (lo vedo dai poster) ed è un animalista convinto. Il caffè non è il massimo, ma a Verona ho bevuto di molto peggio. Pago (2.65 euro) ed esco, chiedendomi cosa avranno pensato di me il signor Luigi e il conducente di autobus.
Mi avvio verso via del Corso, lì probabilmente troverò l'edicola a cui hanno "consegnato" i giornali. Mentre attraverso la strada lo sguardo si ferma sui giardinetti di Piazza Venezia. Mi dico che probabilmente sono ancora quelli che fanno il sit-in per la Palestina, ma non noto bandiere e da lontano vedo un ritratto di Saddam. Mi avvicino e capisco, dai cartelli, che sono curdi. Stanno manifestando da parecchi giorni e sono in sciopero della fame. Vorrebbero che l'Italia non li estradasse e che desse loro asilo politico. Abdel mi ha detto che se torna in Iraq gli tagliano la testa, ma che lui è solo una persona e che al governo italiano non interessa. Sono in molti, stanno tutti dormendo sul prato, con sopra una coperta di lana grezza, come quelle che si usano per fare i traslochi. Abdel mi dice che loro cercano solo di avere una vita civile e dignitosa. Ha una scritta sulla maglietta 'sciope-ro' (la scritta intera non ci stava in una sola riga). Mi domando immediatamente se la campagna Iraq Libero non debba ripartire proprio da questi ragazzi, immagino che siano sparsi in tutta Europa.
Saluto Abdel, mi ha fatto passare un po’ di tempo e lui è contento, lo vedo nel sorriso che mi regala quando me ne sto andando. Arrivo quasi in via del Corso e noto che più avanti c'è un bar tabacchi, forse ha anche i giornali. Così è e compro il Foglio e il Corriere (1.90 euro). Sono contenta ora posso andare fino al Campidoglio (per la seconda volta nella mia vita) e tranquillamente leggermi i giornali. Dell'ora non mi interessa più, ma deve essere passato un po’ di tempo, perché ho difficoltà ad attraversare la strada sulle strisce, prima un taxi e poi un motorino mi evitano all'ultimo.Questa volta affianco l'Altare della Patria e un carabiniere che fa la ronda mi saluta. Non capisco da dove viene la voce, così mi giro e lo vedo, stavo già leggendo i titoli delle prime pagine, gli sorrido.
Arrivo alla scalinata del Campidoglio. Non è faticosa, ma il ginocchio mi dà sempre più fastidio, sono stanca. Arrivo fino a su e sorrido al ricordo di quando avevo 11 anni e con i miei compagni di scuola stavo proprio lì. Ricordo che era sera e che c'erano delle fiaccole accese, poi, osservando meglio la piazza, nella memoria mi si erano forse confuse le fiaccole del Vittoriano con i lampioni del Campidoglio. Trovo la mia posizione: un davanzale che si rivolge verso piazza Venezia, mi siedo sul bordo, con la schiena appoggiata alla colonna.
Comincio a sfogliare i giornali. A dire il vero non ne ho molta voglia, ma è l'unico modo per passare il tempo. A leggere gli articoli mi si incrociano gli occhi e credo pure di essermi assopita per qualche istante. Comunque ho saputo che "Bossi si affida a Berlusconi" (e subito penso alla proposta 'radicali al governo'), che ci sono 100 morti in 48 ore in Iraq (e penso ad Abdel), la Costituzione europea ha il suo primo testo (Maurizio Turco e l'appello per la laicità dell'UE), Beckam va al Real (il signor Luigi e Totti).
Dal Foglio invece apprendo che secondo Frattini la politica estera italiana è più atlantica e parla del ruolo dell'Italia dal dopoguerra ad oggi, bah! Diaco è stato a Capocotta con una serie di veline, velone e non so che, chissà cosa avrà combinato che si cela dietro al suo piccolo racconto. Sofri è in un delirio da settenaneismo, mi chiedo se questo abbia a che vedere con la sentenza di Strasburgo, è un po’ di giorni che "sciopera con se stesso". Bossi e Berlusconi non sono più in crisi. E vissero felici e contenti, l'amico Silvio ha avuto paura ancora una volta del Marcone? Nessuno che io conosca ha scritto al direttore.
Ad un certo punto passano dei vigili, sono un po’ buffi, mi sorridono e continuano a camminare. Sorrido anch'io e chiedo loro se sanno l'ora. Il vigile gentile mi dice che sono le 8.15, quello antipatico si ricorda di essere un vigile e mi dice che devo scendere da dove sono seduta. Ringrazio il primo e faccio finta di non aver sentito il secondo. Dopo poco si gira e vede che sono ancora sul muretto e in tono seccato mi ripete che devo scendere. Borbotto ed eseguo gli ordini, tanto sono quasi le 8.30, al partito sarà arrivato qualcuno, mi posso avviare.
Questa volta nel percorrere la strada ho un po’ più di fretta, ci sono più macchine e autobus e non mi riesco a ri-immergere nella dimensione che mi ha accompagnato fino al Campidoglio. Arrivo al partito, non passo da Pascucci, il caffè l'ho già preso, forse dopo. Prendo l'ascensore e dopo qualche chiacchiera con Sergio D'Elia incontrato per strada, vado dritto al piano inferiore. Ovviamente Mihai e Manuela non sono ancora arrivati.
Svuoto le tasche per sedermi: le sigarette, l'accendino, 5.45 euro. Per scrupoli metto le mani anche nelle tasche laterali, dove avevo messo le chiavi di casa. Da quella destra esce il mazzetto, da quella sinistra escono le chiavi della macchina… le avevo prese, non si sa mai.
Sorrido, non è stata una brutta nottata! (0) commenti
lunedì, agosto 11, 2003
Lunedi' di partenze, lunedi' di rientro. Roma e' deserta, sembra di essere costantemente alle 7 di mattina, solo che fa piu' caldo. Ieri sera siamo tornati, dopo una vacanza di 13 giorni 13, attesa da piu' di un anno, nella Las Vegas di Spagna, come l'hanno definita i miei compagni di viaggio. Le previsioni del pre-partenza si sono avverate: Clara ha conquistato il Tartalla - cosiddetto per l'occasione spagnola, ma si pronuncia Tartaglia - Adriano ha platonicamente conquistato il rude Marco Ciccio, che nella vacanza si E' allegramente dimenato tra biscotti, mini-magnum, stupefacenti e il dubbio se una vacanza con un gay potesse rovinargli la reputazione e la curiosita' verso il personaggio Adriano. Adriano, dall'altra parte, giocava molto bene il ruolo della fidanzata e la coppia era diventata ormai inseparabile.
Come ha detto bene il Tartalla, la protagonista di tutta la vacanza E' stata la tavola, imbandita di tutte le cose piu' sfiziose dalle 12.00 a notte inoltrata. Era il luogo di tutti, dove si facevano confessioni velate da strati di risate, dove si scambiavano sguardi che significavano molto piu' di tante parole, tanti piccoli litigi che potevano nascere durante il giorno. C'era sempre qualcosa per tutti, un "piatto preferito", un pensiero per ognuno e i miei ospiti mi hanno proprio reso onore, macinando 130 euro di spesa al giorno. Hanno tutti preso lezioni di bonne-tone, da Michele (il primo a dover imparare e di progressi ne ha fatti molti) all'insospettabile Adriano, che si E' scoperto comportarsi a tavola peggio di un uomo di fatica.
Erano tutti nostri figli, ci chiamavano mamma e papa' , mi hanno definito la sorella maggiore, anche se sono molto piu' giovane ed effettivamente mi e' piaciuto prendermi cura di tutti, coccolarli, farli sentire a casa e viziati, come ho fatto con me stessa, nella liberta' della vacanza, perche' eravamo tutti belli.
L'altro fulcro era il talamo - almeno lo era per me - un cuscino da sdraio usato come poggiatesta messo orizzontalmente e sul quale venivano stesi in perpendicolare due ampi asciugamani bianchi e altri cuscini, adagiato sul bordo della piscina. Oltre ad essere il posto dove prendevo il sole, era anche i punto di incontro della sera, del tramonto, della birretta in piscina, della chiacchiera confidenziale, spesso col Tarta, che dava le sue massime sulla vacanza, da poeta di strada.
Ci sono tante altre cose, giornate, frasi, momenti, ma per adesso ci sono le sensazioni. Di Michele non voglio parlare, almeno per adesso. Dovrei riempire 8 blog per descrivere cio' che provo e voglio mantenerne ancora il gusto, non E' passato. E poi sarebbe come descrivere un'altra vacanza. (0) commenti
Come ha detto bene il Tartalla, la protagonista di tutta la vacanza E' stata la tavola, imbandita di tutte le cose piu' sfiziose dalle 12.00 a notte inoltrata. Era il luogo di tutti, dove si facevano confessioni velate da strati di risate, dove si scambiavano sguardi che significavano molto piu' di tante parole, tanti piccoli litigi che potevano nascere durante il giorno. C'era sempre qualcosa per tutti, un "piatto preferito", un pensiero per ognuno e i miei ospiti mi hanno proprio reso onore, macinando 130 euro di spesa al giorno. Hanno tutti preso lezioni di bonne-tone, da Michele (il primo a dover imparare e di progressi ne ha fatti molti) all'insospettabile Adriano, che si E' scoperto comportarsi a tavola peggio di un uomo di fatica.
Erano tutti nostri figli, ci chiamavano mamma e papa' , mi hanno definito la sorella maggiore, anche se sono molto piu' giovane ed effettivamente mi e' piaciuto prendermi cura di tutti, coccolarli, farli sentire a casa e viziati, come ho fatto con me stessa, nella liberta' della vacanza, perche' eravamo tutti belli.
L'altro fulcro era il talamo - almeno lo era per me - un cuscino da sdraio usato come poggiatesta messo orizzontalmente e sul quale venivano stesi in perpendicolare due ampi asciugamani bianchi e altri cuscini, adagiato sul bordo della piscina. Oltre ad essere il posto dove prendevo il sole, era anche i punto di incontro della sera, del tramonto, della birretta in piscina, della chiacchiera confidenziale, spesso col Tarta, che dava le sue massime sulla vacanza, da poeta di strada.
Ci sono tante altre cose, giornate, frasi, momenti, ma per adesso ci sono le sensazioni. Di Michele non voglio parlare, almeno per adesso. Dovrei riempire 8 blog per descrivere cio' che provo e voglio mantenerne ancora il gusto, non E' passato. E poi sarebbe come descrivere un'altra vacanza. (0) commenti