sabato, febbraio 17, 2007
NEW LOOK
Bene, dopo la fiera degli equivoci del passato post, ho deciso di fare un restyling del mio blog che spero sia di gradimento. Ho messo a posto un po’ le cose e ho tolto i link che non funzionavano, tra cui il link al blog di adriano. Ho anche aggiornato, dopo tanto tempo, gaiaculinaria con una nuova ricetta.
È sabato sera e sono sul divano a guardare la tv e mi sento abbastanza bene. Vorrei spiegare una cosa: il dibattito che si crea su questo blog mi piace, perché si parla di cose che hanno a che vedere con la vita, indubbiamente si tratta della mia vita e nello scrivere i post e nel pormi e porvi le domande prendo spunto appunto dalla mia vita, ma credo che in realtà sia l’esperienza di tutti e per questo sono interessanti. Non è un grande fratello, è cercare di parlare con un po’ di amici (virtuali e non) su questioni che riguardano tutti e non ci vedo nulla di male.
A questo proposito vorrei parlare di un altro argomenti: il dolore. Oggi stavo in macchina e stavo pensando a tutti noi e a quello che scrivamo. C’è un fattore comune: il dolore e l’incapacità di staccarsi dal dolore, l’unica cosa certa che non spaventa, perché se si perde è meglio, quindi non c’è timore nel cullarsi in questo stato esistenziale, perché alla fine diventa uno stato esistenziale. Io forse oggi non sono pronta a staccarmi e ad affrontare il mio dolore, questa credo sia la chiave di tutto.
PS. sono graditi i commenti non anonimi!!!!
Bene, dopo la fiera degli equivoci del passato post, ho deciso di fare un restyling del mio blog che spero sia di gradimento. Ho messo a posto un po’ le cose e ho tolto i link che non funzionavano, tra cui il link al blog di adriano. Ho anche aggiornato, dopo tanto tempo, gaiaculinaria con una nuova ricetta.
È sabato sera e sono sul divano a guardare la tv e mi sento abbastanza bene. Vorrei spiegare una cosa: il dibattito che si crea su questo blog mi piace, perché si parla di cose che hanno a che vedere con la vita, indubbiamente si tratta della mia vita e nello scrivere i post e nel pormi e porvi le domande prendo spunto appunto dalla mia vita, ma credo che in realtà sia l’esperienza di tutti e per questo sono interessanti. Non è un grande fratello, è cercare di parlare con un po’ di amici (virtuali e non) su questioni che riguardano tutti e non ci vedo nulla di male.
A questo proposito vorrei parlare di un altro argomenti: il dolore. Oggi stavo in macchina e stavo pensando a tutti noi e a quello che scrivamo. C’è un fattore comune: il dolore e l’incapacità di staccarsi dal dolore, l’unica cosa certa che non spaventa, perché se si perde è meglio, quindi non c’è timore nel cullarsi in questo stato esistenziale, perché alla fine diventa uno stato esistenziale. Io forse oggi non sono pronta a staccarmi e ad affrontare il mio dolore, questa credo sia la chiave di tutto.
PS. sono graditi i commenti non anonimi!!!!
Comments:
1) perché hai tolto il link al blog di adriano?
2)hai introdotto l'approvazione preventiva? hai fatto bene, stava scadendo la cosa. propongo un metodo: pubblichi tutto senza censure di chi si firma. butti nel cestino tutto degli anonimi, senza rimpianti.
3) il dolore, cara Gaia, è una cosa complessa. perché non è che uno decide di staccarsene e se ne stacca. e poi, chi lo dice che dal dolore ci si stacca? nel dolore ci si sta dentro. il dolore si accetta. il dolore si vive. noi siamo dolore. solo accettando il dolore si può essere felici a pieno, gioire, vivere, amare. viceversa, la fuga dal dolore, il riparo dal dolore porta fuori strada, crea corazze fini a se stesse, svia.
è come quando vai a centomila all'ora ma non sai dove andare. poi trovi il passo giusto, sei vicino alle cose, alla terra, a te stessa, e allora magari vai con un passo più lento, ma arrivi.
vabbè, magari vi annoio. gaia, adriano, jaja, achille, venitemi in aiuto...
2)hai introdotto l'approvazione preventiva? hai fatto bene, stava scadendo la cosa. propongo un metodo: pubblichi tutto senza censure di chi si firma. butti nel cestino tutto degli anonimi, senza rimpianti.
3) il dolore, cara Gaia, è una cosa complessa. perché non è che uno decide di staccarsene e se ne stacca. e poi, chi lo dice che dal dolore ci si stacca? nel dolore ci si sta dentro. il dolore si accetta. il dolore si vive. noi siamo dolore. solo accettando il dolore si può essere felici a pieno, gioire, vivere, amare. viceversa, la fuga dal dolore, il riparo dal dolore porta fuori strada, crea corazze fini a se stesse, svia.
è come quando vai a centomila all'ora ma non sai dove andare. poi trovi il passo giusto, sei vicino alle cose, alla terra, a te stessa, e allora magari vai con un passo più lento, ma arrivi.
vabbè, magari vi annoio. gaia, adriano, jaja, achille, venitemi in aiuto...
poiché è domenica e piove e sto leggendo un libro che mi piace molto (per ora) "l'arte della gioia" di goliarda sapienza (mi è arrivata questa indicazione fulminante e ho rinviato al prossimo week end il libro di adriano, non me ne vorrà), poiché le condizioni esterne sono queste e quelle interne del tutto simili, vi annoio ancora.
allora dico che il tema del dolore - che è uno dei temi-chiave della nostra vita - va associato a quello della fuga.
perché io penso che la fuga sia il vero atteggiamento "tipico" da tre o quattro generazioni in qua, dai baby boomers, quale io sono, in avanti. generazioni imbevute della cultura e della pratica del consumismo, da "carosello" in poi... quando tu hai cento cose tra cui scegliere, saltelli da una all'altra; quando hai un lavoro che ti permette di variare, molto "flessibile", come usa adesso, non sciogli mai i nodi davvero importanti che sono che cosa davvero vuoi fare da grande; quando hai dieci donne (o uomini) fra cui scegliere, eviti di affrontare le questioni difficili che sono legate allo stare insieme più profondo; quando c'è qualcuno che ti tratta sempre da bambino e ti coccola, la crescita non arriva mai. e poi non conta se a un certo punto ti ritrovi disperato sul cucuzzolo della montagna o sei in fase di ascetismo o di fedeltà assoluta, il modo di ragionare resta quello. di chi prende il palloncino e vola alto, leggero leggero, anziché stare lì dentro le cose, con i piedi per terra e le mani nel fango.
la persona più bella che conosco, una mia cara amica, ha avuto un figlio a 20 anni e vedo che quella scelta - tenere quel figlio - l'ha costretta a fare sempre i conti con la realtà, con una buona dose di concretezza e di profondità. affronta il dolore sempre a viso aperto. un altro mio amico ha perso il padre quando aveva 15 anni. stessa cosa. è capace di affrontare le cose subito, in modo diretto perché ha dovuto farlo allora, per sopravvivere.
non so se sono sulla strada giusta, ma io sento che questo è il vero tema. sarà perché da qualche tempo ho smesso di scappare dalle cose importanti e allora vedo tutta la fragilità della fuga. e penso sia direttamente collegata al dolore in qualche rapporto storto, inverso. anche la mia amica e il mio amico hanno fatto i conti con il dolore, ma li hanno fatti subito, hanno sciolto cose grosse per sopravvivere e vivere. non hanno consentito ai propri mattoni di rovinare loro la vita, rinviando, svianso, mettendo la retromarcia. rinviare - come scriveva gaia - ci porta a uno stato in cui poi tutto è confuso, ci sono apparantemente mille possibilità e l'unica scelta che sappiamo fare è fuggire.
beh, adesso gaia si offende, che lei ha lanciato il tema del dolore e io il controtema della fuga. però penso davvero, aldilà delle nostre singole vicende personali, che sia il nesso che conta oggi. c'è tanta gente che scappa da se stesso e dalle proprie responsabilità.
buona domenica
giorgio
allora dico che il tema del dolore - che è uno dei temi-chiave della nostra vita - va associato a quello della fuga.
perché io penso che la fuga sia il vero atteggiamento "tipico" da tre o quattro generazioni in qua, dai baby boomers, quale io sono, in avanti. generazioni imbevute della cultura e della pratica del consumismo, da "carosello" in poi... quando tu hai cento cose tra cui scegliere, saltelli da una all'altra; quando hai un lavoro che ti permette di variare, molto "flessibile", come usa adesso, non sciogli mai i nodi davvero importanti che sono che cosa davvero vuoi fare da grande; quando hai dieci donne (o uomini) fra cui scegliere, eviti di affrontare le questioni difficili che sono legate allo stare insieme più profondo; quando c'è qualcuno che ti tratta sempre da bambino e ti coccola, la crescita non arriva mai. e poi non conta se a un certo punto ti ritrovi disperato sul cucuzzolo della montagna o sei in fase di ascetismo o di fedeltà assoluta, il modo di ragionare resta quello. di chi prende il palloncino e vola alto, leggero leggero, anziché stare lì dentro le cose, con i piedi per terra e le mani nel fango.
la persona più bella che conosco, una mia cara amica, ha avuto un figlio a 20 anni e vedo che quella scelta - tenere quel figlio - l'ha costretta a fare sempre i conti con la realtà, con una buona dose di concretezza e di profondità. affronta il dolore sempre a viso aperto. un altro mio amico ha perso il padre quando aveva 15 anni. stessa cosa. è capace di affrontare le cose subito, in modo diretto perché ha dovuto farlo allora, per sopravvivere.
non so se sono sulla strada giusta, ma io sento che questo è il vero tema. sarà perché da qualche tempo ho smesso di scappare dalle cose importanti e allora vedo tutta la fragilità della fuga. e penso sia direttamente collegata al dolore in qualche rapporto storto, inverso. anche la mia amica e il mio amico hanno fatto i conti con il dolore, ma li hanno fatti subito, hanno sciolto cose grosse per sopravvivere e vivere. non hanno consentito ai propri mattoni di rovinare loro la vita, rinviando, svianso, mettendo la retromarcia. rinviare - come scriveva gaia - ci porta a uno stato in cui poi tutto è confuso, ci sono apparantemente mille possibilità e l'unica scelta che sappiamo fare è fuggire.
beh, adesso gaia si offende, che lei ha lanciato il tema del dolore e io il controtema della fuga. però penso davvero, aldilà delle nostre singole vicende personali, che sia il nesso che conta oggi. c'è tanta gente che scappa da se stesso e dalle proprie responsabilità.
buona domenica
giorgio
No, Gaia ha tolto solo il link al mio vecchio blog, adesso c'è quello nuovo, faceonmars.
Sulla questione delle responsabilità e del dolore e della fuga, caro Giorgio, sono d'accordo con te. Anche se, come spesso mi piace fare, vorrei spostare il punto di vista. E' vero che siamo, siete, una generazione che adora la fuga, ma credo che francamente non lo si faccia più per pavidità. Credo che chi voglia fuggire, oggi, non lo fa nemmeno per non voler affrontare se stesso (o almeno non solo). Chi fugge, di questi tempi, si è reso conto di quanto è inutile e schiavizzante la società, che spreme all'osso le persone, ne fa arricchire pochissime e fa vivere tutti nella piattezza generale. Le nuove generazioni, la loro rabbia, è dovuta esattamente a questo (e scusate l'anacoluto). Ahivoja che Baricco parla dei Barbari (che saremmo noi post moderni) e di quanto è bello il loro cercare l'anima in superficie e non più a fondo. Si fugge dal quotidiano schiavizzante. Si fugge anche per ricercare se stessi, e non per fuggire da se stessi.
Sfido chiunque a dimostrarmi che coloro che hanno capito che il lavoro non è la vita, e che la società Matrix ti schiavizza, in realtà non sentano il bisogno di fuggire dal Sistema, ritagliarsi uno spazietto, anche minimo del quotidiano, e confrontarsi con se stessi. Il dolore, semmai, è non poterlo fare. O avere paura di farlo. Perché, come dice Gaia, affrontare se stessi è la cosa più atroce e dolorosa del mondo. La vera guerra perenne. Altro che Iraq. Altro che terrorismo.
Sulla questione delle responsabilità e del dolore e della fuga, caro Giorgio, sono d'accordo con te. Anche se, come spesso mi piace fare, vorrei spostare il punto di vista. E' vero che siamo, siete, una generazione che adora la fuga, ma credo che francamente non lo si faccia più per pavidità. Credo che chi voglia fuggire, oggi, non lo fa nemmeno per non voler affrontare se stesso (o almeno non solo). Chi fugge, di questi tempi, si è reso conto di quanto è inutile e schiavizzante la società, che spreme all'osso le persone, ne fa arricchire pochissime e fa vivere tutti nella piattezza generale. Le nuove generazioni, la loro rabbia, è dovuta esattamente a questo (e scusate l'anacoluto). Ahivoja che Baricco parla dei Barbari (che saremmo noi post moderni) e di quanto è bello il loro cercare l'anima in superficie e non più a fondo. Si fugge dal quotidiano schiavizzante. Si fugge anche per ricercare se stessi, e non per fuggire da se stessi.
Sfido chiunque a dimostrarmi che coloro che hanno capito che il lavoro non è la vita, e che la società Matrix ti schiavizza, in realtà non sentano il bisogno di fuggire dal Sistema, ritagliarsi uno spazietto, anche minimo del quotidiano, e confrontarsi con se stessi. Il dolore, semmai, è non poterlo fare. O avere paura di farlo. Perché, come dice Gaia, affrontare se stessi è la cosa più atroce e dolorosa del mondo. La vera guerra perenne. Altro che Iraq. Altro che terrorismo.
ciao a tutti
vedo che il mio lungo post con uno stralcio della mia adorata Pinkola non ha sortito alcun commento: lo capisco, è lungo, con un linguaggio particolare e vabbè probabilmente non vi ha incuriosito.
Però ora che leggo lo sviluppo del precedente discorso sull'amore e la piega che ha preso sul dolore, mi convinco sempre più che quello stralcio e la sua "cantilena" sulla vita-morte-vita è straordinariamente azzeccato.
Giorgio parla di fuga, che è quello che descrive Estes in una particolare fase dell'amore (non sono fissata su questo tema, è solo che da lì siamo partiti): ma l'occasione è quel particolare stato interno che si chiama amore, le dinamiche che suscita sono invece, io credo, abbastanza simili a se stesse in tante condizioni della nostra vita. Il dolore è un portato dell'amore, la perdita è un altro portato dell'amore. Ma nulla, io credo, spaventi di più che l'incontro con qualcosa di così violento e scardinante come il riconoscimento di noi nell'altro da noi (scusate il bisticcio e anche l'enfasi forse). Quella è una roba che come descrive bene Pinkola fa tremare i polsi perchè ci riconduce a uno stato "primitivo" in cui tutte le nostre precedenti fughe si alleano insieme in un concentrato di paura.
Ogni volta che ho amato ho visto la morte in faccia. Ogni volta ho sentito le gambe cedere per il terrore. Ma ogni volta ho anche percepito che dietro di me (dovrei dire dentro di me) c'era un dolore forse non completamente rimarginabile, ma di certo dicibile, spiegabile, o come dice Giorgio, srotolabile.
Non so, mi sono appassionata al tema e forse non c'entra assolutamente niente. Nel qual caso chiedo venia.
Buona giornata a tutti
p.s. Ma Achille è ancora dei nostri?
vedo che il mio lungo post con uno stralcio della mia adorata Pinkola non ha sortito alcun commento: lo capisco, è lungo, con un linguaggio particolare e vabbè probabilmente non vi ha incuriosito.
Però ora che leggo lo sviluppo del precedente discorso sull'amore e la piega che ha preso sul dolore, mi convinco sempre più che quello stralcio e la sua "cantilena" sulla vita-morte-vita è straordinariamente azzeccato.
Giorgio parla di fuga, che è quello che descrive Estes in una particolare fase dell'amore (non sono fissata su questo tema, è solo che da lì siamo partiti): ma l'occasione è quel particolare stato interno che si chiama amore, le dinamiche che suscita sono invece, io credo, abbastanza simili a se stesse in tante condizioni della nostra vita. Il dolore è un portato dell'amore, la perdita è un altro portato dell'amore. Ma nulla, io credo, spaventi di più che l'incontro con qualcosa di così violento e scardinante come il riconoscimento di noi nell'altro da noi (scusate il bisticcio e anche l'enfasi forse). Quella è una roba che come descrive bene Pinkola fa tremare i polsi perchè ci riconduce a uno stato "primitivo" in cui tutte le nostre precedenti fughe si alleano insieme in un concentrato di paura.
Ogni volta che ho amato ho visto la morte in faccia. Ogni volta ho sentito le gambe cedere per il terrore. Ma ogni volta ho anche percepito che dietro di me (dovrei dire dentro di me) c'era un dolore forse non completamente rimarginabile, ma di certo dicibile, spiegabile, o come dice Giorgio, srotolabile.
Non so, mi sono appassionata al tema e forse non c'entra assolutamente niente. Nel qual caso chiedo venia.
Buona giornata a tutti
p.s. Ma Achille è ancora dei nostri?
caro adriano, temo che tu confonda la mia generazione (dei quarantenni)con quella dei sessantottini (che oggi hanno fra i 50 e i 60 anni). dalla mia generazione niente richieste di sei politico, niente assemblee rivoluzionare per farsi le prime scopate, niente ricorso alle categorie del Potere e della Società per spiegare tutto. i miei coetanei sono secchioni, hanno letto tantissimo e puntavano al dieci, hanno cercato risposte chi nello studio, chi nella professione, chi nell'analisi, chi in una politica meno fumosa, chi nel privato. dietro avevano il fumo del '68, davanti il riflusso al privato degli anni '80. sono stati fottuti dalla frattura generazionale: hanno tentato di fare la pace con genitori molto distanti, di un'altra epoca, non se la sono sentita di sparare loro addosso come fossero i colpevoli (come avevano fatto i fratelli maggiori).
vedo molte più fughe nelle generazioni successive. vedo molto più la tentazione di mettere la testa nella sabbia nei trentenni. vedo molte furbizie per giustificare il fatto di non averci neanche provato e continuare a vivere in quella leggerezza senza direzione e senza sostanza di cui dicevo. vedo un grande spreco di energie per tentare di tenere insieme costruzioni che fanno acqua da tutte le parti. la mia generazione ha sconfitto gli autonomi e la p38, quelle successive hanno avuto quel fenomeno di folklore che è stata la pantera. nei giornali, che è l'unico mondo che conosco bene, i 40enni secchioni tengono in piedi tutto, veri eredi dei 70enni avviati al tramonto. si vedrà fra pochi anni. abbiamo pagato la vacuità della generazione dei sessantottini e una bassa qualità delle loro analisi della realtà.
può darsi che la mia esperienza personale sia limitata: ho vissuto e lavorato molto con la generazione dei 30enni (io stesso ne ho messi in pista molti) e dico che per uno che sa e vuole affrontare i problemi (magari con il tono da professorino) ce ne sono dieci che li mettono da parte, perché non è ora, perché fa male, perché è troppo, perché è scomodo.
o forse ha ragione michele (che non so a quale generazione appartenga): basterebbe cambiare il biancoazzurro in giallorosso, e tutto sarebbe più facile. o, almeno, più bello.
ti abbraccio
giorgio
vedo molte più fughe nelle generazioni successive. vedo molto più la tentazione di mettere la testa nella sabbia nei trentenni. vedo molte furbizie per giustificare il fatto di non averci neanche provato e continuare a vivere in quella leggerezza senza direzione e senza sostanza di cui dicevo. vedo un grande spreco di energie per tentare di tenere insieme costruzioni che fanno acqua da tutte le parti. la mia generazione ha sconfitto gli autonomi e la p38, quelle successive hanno avuto quel fenomeno di folklore che è stata la pantera. nei giornali, che è l'unico mondo che conosco bene, i 40enni secchioni tengono in piedi tutto, veri eredi dei 70enni avviati al tramonto. si vedrà fra pochi anni. abbiamo pagato la vacuità della generazione dei sessantottini e una bassa qualità delle loro analisi della realtà.
può darsi che la mia esperienza personale sia limitata: ho vissuto e lavorato molto con la generazione dei 30enni (io stesso ne ho messi in pista molti) e dico che per uno che sa e vuole affrontare i problemi (magari con il tono da professorino) ce ne sono dieci che li mettono da parte, perché non è ora, perché fa male, perché è troppo, perché è scomodo.
o forse ha ragione michele (che non so a quale generazione appartenga): basterebbe cambiare il biancoazzurro in giallorosso, e tutto sarebbe più facile. o, almeno, più bello.
ti abbraccio
giorgio
bene, eccomi arrivata sul tuo blog. molto carino, davvero. e mi piace anche la disinvoltura con cui dici tutto quello che ti passa per la mente, io penso e rifletto in continuazione (specialmente al mattino presto, quando vado a correre al pincio) e mi vengono in mente concetti e idee che poi non trasmetto mai a nessuno...(oggi ad esempio pensavo all'idea dei "braccianti del giornalismo"...cos'è? eheh...te la spiegherò un giorno con calma)...forse perchè penso che le parole circoscrivano e limitino troppo un concetto. anyway, ho soltanto una curiosità: perchè su gaiaculinaria non c'è unadicouna straccio di ricetta dal 2004 al 2007? sei forse stata a digiuno? :-) Maddalena
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