domenica, febbraio 25, 2007
LA MIA MAMMA E' UNA CAMPIONESSA INTERNAZIONALE
Victoria de la italiana Françoise Colmant en el Internacional de España Senior Individual Femenino
La italiana Françoise Colmant se ha adjudicado el Campeonato Internacional de España Senior Individual Femenino en el Club de Golf de Bonalba (Alicante), tras superar en la segunda y última jornada la competencia de algunas de las jugadoras más importantes del panorama internacional.
ps. mia mamma ovviamente è Françoise Colmant... è belga, per questo il nome non è italiano
Victoria de la italiana Françoise Colmant en el Internacional de España Senior Individual Femenino
La italiana Françoise Colmant se ha adjudicado el Campeonato Internacional de España Senior Individual Femenino en el Club de Golf de Bonalba (Alicante), tras superar en la segunda y última jornada la competencia de algunas de las jugadoras más importantes del panorama internacional.
ps. mia mamma ovviamente è Françoise Colmant... è belga, per questo il nome non è italiano
Comments:
Uahhhhuuuu magnifico!!!!!
Falle tanti tanti complimenti, sono fiero di essere tuo amico che sei sua figlia!!!!!
eh eh
Falle tanti tanti complimenti, sono fiero di essere tuo amico che sei sua figlia!!!!!
eh eh
evviva la mamma! evviva la campionessa!
tanti complimenti anche alla figlia di cotanta mamma. mi unisco ad adriano nelle congratulazioni.
e poi volevo chiedere un'opinione agli amici del blog di gaia: pensate avrebbe successo un blog che racconti il vero risvolto delle cose? storie, episodi, aneddoti visti da un punto di vista che svela la verità nascosta delle cose?
si potrebbero tirare dentro racconti personali, amici, uomini politici, personalità pubbliche.
ma non una cosa alla dagospia, di gossip. qualcosa di più serio, letterario, profondo. partendo dalle esperienze quotidiane che incontriamo.
chissà. in fin dei conti il bello della blogosfera non è questa libertà di espressione e della scelta del punto di vista?
sto pensando a qualcosa del genere, una roba per sputtanare tutte le cazzate che si dicono in giro e si vedono in gira e la gente ce le vende come sacralità, come verità assoluta e sono solo una pagliacciata, una commedia, una storia di burattini.
beh, mi interessa il vostro parere su un progetto del genere. niente discorsi alti. fatti. cronache, raccontate con prodfondità, pathos. ridare alla vita il senso drammatico e profondo che ha e buttare via tutta la spazzatura di chiacchiere che la gente racconta su sé e sugli altri.
chissà se si rischiano querele o violazione della privacy...
tanti complimenti anche alla figlia di cotanta mamma. mi unisco ad adriano nelle congratulazioni.
e poi volevo chiedere un'opinione agli amici del blog di gaia: pensate avrebbe successo un blog che racconti il vero risvolto delle cose? storie, episodi, aneddoti visti da un punto di vista che svela la verità nascosta delle cose?
si potrebbero tirare dentro racconti personali, amici, uomini politici, personalità pubbliche.
ma non una cosa alla dagospia, di gossip. qualcosa di più serio, letterario, profondo. partendo dalle esperienze quotidiane che incontriamo.
chissà. in fin dei conti il bello della blogosfera non è questa libertà di espressione e della scelta del punto di vista?
sto pensando a qualcosa del genere, una roba per sputtanare tutte le cazzate che si dicono in giro e si vedono in gira e la gente ce le vende come sacralità, come verità assoluta e sono solo una pagliacciata, una commedia, una storia di burattini.
beh, mi interessa il vostro parere su un progetto del genere. niente discorsi alti. fatti. cronache, raccontate con prodfondità, pathos. ridare alla vita il senso drammatico e profondo che ha e buttare via tutta la spazzatura di chiacchiere che la gente racconta su sé e sugli altri.
chissà se si rischiano querele o violazione della privacy...
uelà, salve a tutti. Personalmente il buco della serratura mi fa accapponare la pelle, però qui credo si stia proponendo altro, una versione "fuori tutto" della propria vita.
Sono incuriosita dall'idea.
Concretamente parlando in cosa consiste? Giorgio, apri un blog?
Gaia, potresti ospitarlo tu.
ciao
Sono incuriosita dall'idea.
Concretamente parlando in cosa consiste? Giorgio, apri un blog?
Gaia, potresti ospitarlo tu.
ciao
Aprire un blog, perché no? Meglio se collettivo, non personale... Cara Jaja, ho già detto né buco della serratura né gossip. Non so che intendi per "fuori tutto". Storie. Personali. Raccontate oltre la cortina dei luoghi comuni che noi vogliamo vendere agli altri e gli altri a noi. E che ci entrano talmente dentro che li accettiamo senza più indignarci. Questo e solo questo mi interessa nella vita: rompere quella cortina di luoghi comuni, di convenzioni.
L'ho proposto nel sito di Gaia perché mi diverte questo nostro scriverci, ma non ho detto che sia praticabile "nel " sito di Gaia. Mi sembrerebbe troppo ingombrante. E poi non voglio fare a Gaia questo "regalo".
Il mio modello è da molti anni la storia di uno scrittore portoghese, si chiama Jorge de Sena, la storia "Buona notte" (da "La Gran Canaria e altri racconti" - Editori riuniti, 1988). E' la storia di un incontro fra un artista e un giovane intellettuale di cui spero di farvi leggere qualcosa domani (oggi c'è prodi al senato). Ovviamente non è l'unico esempio. Mi interessa il dolore che si srotola, l'imbarazzo che si srotola, la paura che si srotola. E tutto questo si srotola perché improvvisamente il punto di vista cambia, ha il coraggio di collocarsi in un diverso punto, più radicale, più vivo, più vero.
Mi viene in mente la sceneggiatura di Falsche Bewegung, Falso Movimento, scritta da Peter Handke per Wim Wenders come rielaborazione del Wilhelm Maister di Goethe. Anche di questo vi parlerò in un altro momento, se vi interessa un po'. Qui il tema è la scrittura come fatto erotico, nel senso che - dice lo scrittore protagonista del film -"solo scrivendo improvvisamente provo emozione". Ma la mia citazione sarà più precisa domani.
Ciao
L'ho proposto nel sito di Gaia perché mi diverte questo nostro scriverci, ma non ho detto che sia praticabile "nel " sito di Gaia. Mi sembrerebbe troppo ingombrante. E poi non voglio fare a Gaia questo "regalo".
Il mio modello è da molti anni la storia di uno scrittore portoghese, si chiama Jorge de Sena, la storia "Buona notte" (da "La Gran Canaria e altri racconti" - Editori riuniti, 1988). E' la storia di un incontro fra un artista e un giovane intellettuale di cui spero di farvi leggere qualcosa domani (oggi c'è prodi al senato). Ovviamente non è l'unico esempio. Mi interessa il dolore che si srotola, l'imbarazzo che si srotola, la paura che si srotola. E tutto questo si srotola perché improvvisamente il punto di vista cambia, ha il coraggio di collocarsi in un diverso punto, più radicale, più vivo, più vero.
Mi viene in mente la sceneggiatura di Falsche Bewegung, Falso Movimento, scritta da Peter Handke per Wim Wenders come rielaborazione del Wilhelm Maister di Goethe. Anche di questo vi parlerò in un altro momento, se vi interessa un po'. Qui il tema è la scrittura come fatto erotico, nel senso che - dice lo scrittore protagonista del film -"solo scrivendo improvvisamente provo emozione". Ma la mia citazione sarà più precisa domani.
Ciao
Fuori tutto credo sia quello che intendi tu, caro giorgio. Dire le cose dall'interno e non piegarle sotto la macina razionale, che a volte diventa una gabbia. Dorata, ma pur sempre una gabbia. Ma come la mettiamo con il pudore? Come la mettiamo con quella parvenza di normalità che noi tutti inseguiamo? Ricordo quel bel libro di McGrath, Follia, che ha avuto il successo che ha avuto, suppongo, per aver detto e agito quello che tutti vivono e pochi riescono a concedersi. Ma avremo modo, spero, di riparlarne.
Ora non voglio interrompere. Piuttosto spiega Falso Movimento e tutto quello che può arrichire questa conversazione, che lo confesso, mi tocca nei nervi più scoperti.
Jaja
Ora non voglio interrompere. Piuttosto spiega Falso Movimento e tutto quello che può arrichire questa conversazione, che lo confesso, mi tocca nei nervi più scoperti.
Jaja
Giorgio io vado al sodo
Apriamo questo blog collettivo
Credo che anche Gaia e Jaja vengano con noi. Anzi ne sono sicuro.
Dai, su, muoviamoci
un abbraccio
Adriano
Apriamo questo blog collettivo
Credo che anche Gaia e Jaja vengano con noi. Anzi ne sono sicuro.
Dai, su, muoviamoci
un abbraccio
Adriano
io ci sto. non si scaglia invano una pietra del genere. anche se confesso la mia totale ignoranza in fatto di fabbricazione di blog...
devo anche rimediare per aver malamente storpiato la citazione di handke e wenders. ecco quella vera. parla wilhelm (interpretato dal mitico rudiker vogler). parla del lavoro di scrittore alla giovanissima nastassia kinski (14 anni) e ad hanna shigulla.
"Lo so, non ho quel che si dice il saper osservare. Mentre mi ritengo capace di una specie di sguardo erotico. Improvvisamente mi viene in mente qualcosa che mai avevo notato, e allora non solo riesco a vederlo, bensì allo stesso tempo, provo un'emozione. Questo intendo per sguardo erotico. Quindi non scrivo di quanto ho semplicemente osservato, ma di quanto ho vissuto. Per questo voglio proprio essere scrittore"
"Lo so, non ho quel che si dice il saper osservare. Mentre mi ritengo capace di una specie di sguardo erotico. Improvvisamente mi viene in mente qualcosa che mai avevo notato, e allora non solo riesco a vederlo, bensì allo stesso tempo, provo un'emozione. Questo intendo per sguardo erotico. Quindi non scrivo di quanto ho semplicemente osservato, ma di quanto ho vissuto. Per questo voglio proprio essere scrittore"
Potrai
tenermi fuori
anche mille anni
Potrai
dimenticarmi
Io conoscerò sempre
te
il tuo cuore
e l’inferno che gli sta intorno
e le pareti spesse
che li racchiudono
Chiamo amore
averli visti
prima per gioco
delicatamente
come se non fosse
Poi dentro
come una sonda
con la mia violenza
la mia ossessione
la mia disperazione
Perché l’ho visto
perché lo sento addosso
perché è anche il mio
fin da bambino
e ora
con te
anche di più
appiccicato a me
mescolato a me
l’inferno di vivere
dentro una prigione
non basta pensare
fuggiamo insieme
non basta violentare quella porta
ed entrare
ripetendo vecchie violenze
no
il dolore bisogna viverlo
viverselo
con amore
ogni giorno
L’unica cosa che ci separa
davvero
non sono i muri
delle nostre prigioni
né la violenza
del nostro dolore
che gli sta dentro
Ma la ferita
di non vivere
insieme
quel dolore
per trasformarlo
in vita
Forse l’ho prodotta io
ma ho speso sonno
e parole (troppe parole)
e lacrime
per curarla
senza riuscire
sgorga sangue
continuamente
Ognuno cercherà
una strada
la propria
Ma io saprò riconoscerti
sempre
anche
da lontano
dall’angolo buio
della mia prigione
o dal verde dei prati
e dall’azzurro del cielo
Tu sei
il mio amore
tenermi fuori
anche mille anni
Potrai
dimenticarmi
Io conoscerò sempre
te
il tuo cuore
e l’inferno che gli sta intorno
e le pareti spesse
che li racchiudono
Chiamo amore
averli visti
prima per gioco
delicatamente
come se non fosse
Poi dentro
come una sonda
con la mia violenza
la mia ossessione
la mia disperazione
Perché l’ho visto
perché lo sento addosso
perché è anche il mio
fin da bambino
e ora
con te
anche di più
appiccicato a me
mescolato a me
l’inferno di vivere
dentro una prigione
non basta pensare
fuggiamo insieme
non basta violentare quella porta
ed entrare
ripetendo vecchie violenze
no
il dolore bisogna viverlo
viverselo
con amore
ogni giorno
L’unica cosa che ci separa
davvero
non sono i muri
delle nostre prigioni
né la violenza
del nostro dolore
che gli sta dentro
Ma la ferita
di non vivere
insieme
quel dolore
per trasformarlo
in vita
Forse l’ho prodotta io
ma ho speso sonno
e parole (troppe parole)
e lacrime
per curarla
senza riuscire
sgorga sangue
continuamente
Ognuno cercherà
una strada
la propria
Ma io saprò riconoscerti
sempre
anche
da lontano
dall’angolo buio
della mia prigione
o dal verde dei prati
e dall’azzurro del cielo
Tu sei
il mio amore
mi ricorda tanto questa.....
Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore
Mi chiamo Antonio e sono matto
Sono nato nel '54
E vivo qui da quando ero bambino
Credevo di parlare col demonio
Così mi hanno chiuso quarant'anni dentro a un manicomio
Ti scrivo questa lettera perchè non so parlare
Perdona la calligrafia da prima elementare
E mi stupisco se provo ancora un'emozione
Ma la colpa è della mano che non smette di tremare
Io sono come un pianoforte con un tasto rotto
L'accordo dissonante di un'orchestra di ubriachi
E giorno e notte si assomigliano
Nella poca luce che trafigge i vetri opachi
Me la faccio ancora sotto perchè ho paura
Per la società dei sani siamo sempre stati spazzatura
Puzza di piscio e segatura
Questa è malattia mentale e non esiste cura
Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore
I matti sono punti di domanda senza frase
Migliaia di astronavi che non tornano alla base
Sono dei pupazzi stesi ad asciugare al sole
I matti sono apostoli di un dio che non li vuole
Mi fabbrico la neve col polistirolo
La mia patologia è che son rimasto solo
Ora prendete un telescopio... misurate le distanze
E guardate tra me e voi... chi è più pericoloso?
Dentro ai padiglioni ci amavamo di nascosto
Ritagliando un angolo che fosse solo il nostro
Ricordo i pochi istanti in cui ci sentivamo vivi
Non come le cartelle cliniche stipate negli archivi
Dei miei ricordi sarai l'ultimo a sfumare
Eri come un angelo legato ad un termosifone
Nonostante tutto io ti aspetto ancora
E se chiudo gli occhi sento la tua mano che mi sfiora
Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore
Mi chiamo Antonio e sto sul tetto
Cara Margherita son vent'anni che ti aspetto
I matti siamo noi quando nessuno ci capisce
Quando pure il tuo migliore amico ti tradisce
Ti lascio questa lettera, adesso devo andare
Perdona la calligrafia da prima elementare
E ti stupisci che io provi ancora un'emozione?
Sorprenditi di nuovo perchè Antonio sa volare.
Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore
Mi chiamo Antonio e sono matto
Sono nato nel '54
E vivo qui da quando ero bambino
Credevo di parlare col demonio
Così mi hanno chiuso quarant'anni dentro a un manicomio
Ti scrivo questa lettera perchè non so parlare
Perdona la calligrafia da prima elementare
E mi stupisco se provo ancora un'emozione
Ma la colpa è della mano che non smette di tremare
Io sono come un pianoforte con un tasto rotto
L'accordo dissonante di un'orchestra di ubriachi
E giorno e notte si assomigliano
Nella poca luce che trafigge i vetri opachi
Me la faccio ancora sotto perchè ho paura
Per la società dei sani siamo sempre stati spazzatura
Puzza di piscio e segatura
Questa è malattia mentale e non esiste cura
Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore
I matti sono punti di domanda senza frase
Migliaia di astronavi che non tornano alla base
Sono dei pupazzi stesi ad asciugare al sole
I matti sono apostoli di un dio che non li vuole
Mi fabbrico la neve col polistirolo
La mia patologia è che son rimasto solo
Ora prendete un telescopio... misurate le distanze
E guardate tra me e voi... chi è più pericoloso?
Dentro ai padiglioni ci amavamo di nascosto
Ritagliando un angolo che fosse solo il nostro
Ricordo i pochi istanti in cui ci sentivamo vivi
Non come le cartelle cliniche stipate negli archivi
Dei miei ricordi sarai l'ultimo a sfumare
Eri come un angelo legato ad un termosifone
Nonostante tutto io ti aspetto ancora
E se chiudo gli occhi sento la tua mano che mi sfiora
Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore
Mi chiamo Antonio e sto sul tetto
Cara Margherita son vent'anni che ti aspetto
I matti siamo noi quando nessuno ci capisce
Quando pure il tuo migliore amico ti tradisce
Ti lascio questa lettera, adesso devo andare
Perdona la calligrafia da prima elementare
E ti stupisci che io provi ancora un'emozione?
Sorprenditi di nuovo perchè Antonio sa volare.
1) jaja, penso che possiamo traslocare altrove la nostra chiacchiera. qui non c'è più nessuno!
2)rispetto il lavoro che ha fatto cristicchi, che non consiste solo in questa canzone (a me piace il finale contro un certo perbenismo che l'ha criticato). ma non solo di follia parlavo, ma del rapporto primordiale fra violenza, vita, amore. mi va bene di infilarci dentro anche la follia o, se vogliamo, il rapporto fra follia e convenzione. il mio primo maestro di giornalismo mi fece leggere un saggio breve, un pamphlet di michel foucault, l'ordine del discorso, sul rapporto fra linguaggio e interdizione. lo consiglio, a chi può, è introvabile.
3)ho imparato ad amare la violenza - e a non averne paura - da una persona a me cara che ho faticato ad avvicinare perché scottava e faceva male. solo dopo ho scoperto che la sua violenza -"scartata" dalla sintesi a cui per convenzione siamo abituati a ridurla - era un modo di espressione estremamente ricco, capace di arrivare dentro le cose, più dentro e più diretta, come stare su una grande onda con un surf, espressione non solo del suo dolore e della sua rabbia, ma anche della sua intelligenza profonda, dei conflitti che aveva smascherato e reso esplosivi, senza più la voglia di mediarli o negarli, della sua capacità di leggere il mondo, di difendersene, di coglierne i lati più vivi e interessanti. superando la mia paura della sua violenza, verbale ed emotiva, mi si spalancò un mondo ricco di colori ed emozioni e quell'onda vitale scongelò i miei colori, la mia rabbia, le mie emozioni troppo a lungo represse, imprigionate e irretite proprio dalla paura della violenza. la paura genera paura e così la paura della violenza è un modo "borghese" per congelare, per incastonare la violenza, come fosse una ciste, per metterla sotto vetro, svuotandola, siringandola. in questo modo la violenza resta congelata e fa paura, non si affronta mai. la paura della violenza è la manutenzione di un istinto conservativo che impedisce di andare oltre, è un sentimento personale o collettivo che crea segregazione e muri (come negli usa dove nascono condomini recintati), alza steccati. la paura della violenza isola la violenza, la svuota del suo contenuto utile, socialmente e psicologicamente utile, che consiste nell'avvicinare ciò che dentro di noi è inavvicinabile e interdetto, dare voce alla rabbia e non di rado alla memoria. la prigione della mia poesia è questa prigione. solo affrontare la violenza davanti consente di leggerla, scioglierla, liberarsene.
4) mi piacerebbe sapere che ne pensa adriano, so ce è un tema che gli sta a cuore. partirei da qui, se vogliamo dar vita al blog collettivo. raccontiamo storie così.
2)rispetto il lavoro che ha fatto cristicchi, che non consiste solo in questa canzone (a me piace il finale contro un certo perbenismo che l'ha criticato). ma non solo di follia parlavo, ma del rapporto primordiale fra violenza, vita, amore. mi va bene di infilarci dentro anche la follia o, se vogliamo, il rapporto fra follia e convenzione. il mio primo maestro di giornalismo mi fece leggere un saggio breve, un pamphlet di michel foucault, l'ordine del discorso, sul rapporto fra linguaggio e interdizione. lo consiglio, a chi può, è introvabile.
3)ho imparato ad amare la violenza - e a non averne paura - da una persona a me cara che ho faticato ad avvicinare perché scottava e faceva male. solo dopo ho scoperto che la sua violenza -"scartata" dalla sintesi a cui per convenzione siamo abituati a ridurla - era un modo di espressione estremamente ricco, capace di arrivare dentro le cose, più dentro e più diretta, come stare su una grande onda con un surf, espressione non solo del suo dolore e della sua rabbia, ma anche della sua intelligenza profonda, dei conflitti che aveva smascherato e reso esplosivi, senza più la voglia di mediarli o negarli, della sua capacità di leggere il mondo, di difendersene, di coglierne i lati più vivi e interessanti. superando la mia paura della sua violenza, verbale ed emotiva, mi si spalancò un mondo ricco di colori ed emozioni e quell'onda vitale scongelò i miei colori, la mia rabbia, le mie emozioni troppo a lungo represse, imprigionate e irretite proprio dalla paura della violenza. la paura genera paura e così la paura della violenza è un modo "borghese" per congelare, per incastonare la violenza, come fosse una ciste, per metterla sotto vetro, svuotandola, siringandola. in questo modo la violenza resta congelata e fa paura, non si affronta mai. la paura della violenza è la manutenzione di un istinto conservativo che impedisce di andare oltre, è un sentimento personale o collettivo che crea segregazione e muri (come negli usa dove nascono condomini recintati), alza steccati. la paura della violenza isola la violenza, la svuota del suo contenuto utile, socialmente e psicologicamente utile, che consiste nell'avvicinare ciò che dentro di noi è inavvicinabile e interdetto, dare voce alla rabbia e non di rado alla memoria. la prigione della mia poesia è questa prigione. solo affrontare la violenza davanti consente di leggerla, scioglierla, liberarsene.
4) mi piacerebbe sapere che ne pensa adriano, so ce è un tema che gli sta a cuore. partirei da qui, se vogliamo dar vita al blog collettivo. raccontiamo storie così.
un'altra esperienza devastante di violenza su cui vale la pena confrontarsi per scrivere è la VIOLENZA DEL SILENZIO. potremmo darcelo come spunto tematico, qualora vi interessi. personalmente, l'ho subita fin da bambino. ho imparato a cmbatterla tessendo il dialogo ma ancora oggi è l'arma capace di mandarmi in tilt, destrutturarmi, distruggermi. io stesso ne faccio uso a volte quando voglio esprimere un disagio molto forte. il punto è che è un'arma sempre più diffusa ed è l'espressione forse prediletta di una società violenta. è come usare la bomba atomica per risolvere una piccola crisi regionale... innesca distruzioni, macerie interiori, alla lunga destruttura le fondamenta stessa del vivere comune. trovo che anche le dosi massicce di ignoranza che ci vengono propinate ogni giorno, dai media e dal sistma scolastico, siano parte di un disegno che prepara alla VIOLENZA DEL SILENZIO. come un addestramento, una preparazione psicologica in modo che quando si usa questa arma neanche ci si rende conto dei danni che si fanno a se stessi e agli altri
Giorgio, mi sa che ce la stiamo cantando e suonando io e te :-)))
Del resto tra le tue poesie e le mie canzoni, mai espressione fu più azzeccata.
Scherzi a parte, ma Gaia dov'è finita? Spero solo di non aver invaso un suo spazio, che quello si, mi dispiacerebbe.
Passo la palla ad Adriano se vorrà commentare il discorso sulla violenza che a me, invece, non appassiona. Però l'idea del blog collettivo mi piaceva: se procedete io sono dei vostri.
Un saluto a tutti!
Del resto tra le tue poesie e le mie canzoni, mai espressione fu più azzeccata.
Scherzi a parte, ma Gaia dov'è finita? Spero solo di non aver invaso un suo spazio, che quello si, mi dispiacerebbe.
Passo la palla ad Adriano se vorrà commentare il discorso sulla violenza che a me, invece, non appassiona. Però l'idea del blog collettivo mi piaceva: se procedete io sono dei vostri.
Un saluto a tutti!
ci sono, ci sono...
e vi leggo sempre, solo che in questi giorni sto sotto un treno e il lavoro comincia ad essere pressante... in più ho rotto il computer e quindi non posso più dedicarmi con calma a queste cose. quindi vi proporrei questa cosa: apro il blog, do l'accesso a tutti voi e "gaietta" diventa un blog collettivo, tanto ormai è già così, con il difetto che la collettività è nei commenti, quindi, se siete d'accordo, e se non vi scoccia avere lo storico che parla solo di me, vi registro ed entrate. aspetto risposte.
e vi leggo sempre, solo che in questi giorni sto sotto un treno e il lavoro comincia ad essere pressante... in più ho rotto il computer e quindi non posso più dedicarmi con calma a queste cose. quindi vi proporrei questa cosa: apro il blog, do l'accesso a tutti voi e "gaietta" diventa un blog collettivo, tanto ormai è già così, con il difetto che la collettività è nei commenti, quindi, se siete d'accordo, e se non vi scoccia avere lo storico che parla solo di me, vi registro ed entrate. aspetto risposte.
sono perplesso, francamente. mi sento già a disagio a scrivere così tanto sul TUO blog, figuriamoci a farne un'opera collettiva. credo che il tuo blog debba restare tuo. e noi ne inventiamo un altro che sia espressione di tutti quelli che ci stanno.
non vorrei sembrare il ragazzino che dice "no, la paletta è la mia". ma non capisco neanche perché tu voglia rinunciare al tuo blog. è il tuo, da anni. eviterei invasioni di campo e commistioni così sgradevoli.
comunque tutto questo solo se adriano ha ancora voglia. io e jaja possiamo scriverci per email.
ciao a tutti
non vorrei sembrare il ragazzino che dice "no, la paletta è la mia". ma non capisco neanche perché tu voglia rinunciare al tuo blog. è il tuo, da anni. eviterei invasioni di campo e commistioni così sgradevoli.
comunque tutto questo solo se adriano ha ancora voglia. io e jaja possiamo scriverci per email.
ciao a tutti
ovviamente, gaia, da ruvido quale sono, ho omesso di ringraziarti per l'ospitalità gentile e per l'uso temporaneo del tuo blog che ha consentito il decollo di queste riflessioni
grazie
grazie
Propendo per l'apertura di un blog collettivo ex novo, non per niente ma lo si può strutturare in maniera come ci piace. L'unico fatto è che bisogna iniziare a farlo materialmente, e io al momento non ho tempo.
Eviterei i filtri sui commenti, lascerei spazio a chiunque, tanto non temiamo nessuno.
Sulla violenza del silenzio mi trovi un attimo impreparato. Devo elaborare il concetto. Se entro domani trovo il tempo di aprire il blog ve lo comunico e vi spiego come entrarci.
Eviterei i filtri sui commenti, lascerei spazio a chiunque, tanto non temiamo nessuno.
Sulla violenza del silenzio mi trovi un attimo impreparato. Devo elaborare il concetto. Se entro domani trovo il tempo di aprire il blog ve lo comunico e vi spiego come entrarci.
Ok ragazzi ecco qua, sono stato velocissimo. Ho aperto il blog
l'indirizzo è
http://agartha.blog.kataweb.it
ci arrivate da www.typepad.com, andate in alto a destra su 'members sign in', dentro user digitate: agartha
la password è adriano
vi troverete nella pagina del controllo del blog. In alto a destra c'è il riquadro weblog, cliccate su 'agartha', in alto vi si aprono diverse finestre di opzioni, cliccate su 'post', vi si apre la finestra dentro la quale scriverete ciò che vorrete. Alla fine fate salva e avrete pubblicato il post. Per vedere il blog, su in alto c'è il tasto finestrella rosso 'vedi il weblog'.
speriamo che non vi perdiate
p.s. agartha è il nome del mondo sotterraneo ipotizzato da divesi mistici e scrittori, un mondo abitato da popolazioni aliene tecnologicamente avanzate che controllerebbe la nostra evoluzione sulla Terra. Miles Davis gli ha dedicato un album, René Girard ne parla sui suoi scritti.
Mi sono preso la responsabilità di scegliere questo nome spero non vi dispiaccia.
un abbraccio
Adri
l'indirizzo è
http://agartha.blog.kataweb.it
ci arrivate da www.typepad.com, andate in alto a destra su 'members sign in', dentro user digitate: agartha
la password è adriano
vi troverete nella pagina del controllo del blog. In alto a destra c'è il riquadro weblog, cliccate su 'agartha', in alto vi si aprono diverse finestre di opzioni, cliccate su 'post', vi si apre la finestra dentro la quale scriverete ciò che vorrete. Alla fine fate salva e avrete pubblicato il post. Per vedere il blog, su in alto c'è il tasto finestrella rosso 'vedi il weblog'.
speriamo che non vi perdiate
p.s. agartha è il nome del mondo sotterraneo ipotizzato da divesi mistici e scrittori, un mondo abitato da popolazioni aliene tecnologicamente avanzate che controllerebbe la nostra evoluzione sulla Terra. Miles Davis gli ha dedicato un album, René Girard ne parla sui suoi scritti.
Mi sono preso la responsabilità di scegliere questo nome spero non vi dispiaccia.
un abbraccio
Adri
non mi dispiace affatto. sei un grande, adriano. appena mi libero di 7-8 cose, ci faccio un salto.
grazie
Ps: dimenticavo. mi perderò di sicuro. ciao
Posta un commento
grazie
Ps: dimenticavo. mi perderò di sicuro. ciao