venerdì, settembre 03, 2004
I 27 DEL MESE. Il mio capo si è rotto il femore, non mi pagano lo stipendio, sono sballottata da un’associazione ad un’altra, senza precisa definizione di lavoro e di obiettivi. Mi lamento in continuazione e a stento riesco a capacitarmi di essere in carne ed ossa. Sono il corpo di un’anima che sembra galleggiare sopra tutti e osservarli dall’alto, con un piccolo ghigno sul labbro superiore. Intanto da qui la gente parte per Bruxelles, per Nairobi, per Milano, per Merano, per il Cairo, per l’Aja, per New York, per Torino, per il Darfur e io resto ben salda alla sedia più comoda della stanza, l’unica ancora un po’ intatta. E’ un centro di smistamento e io resto con il minorenne della compagnia a “giocare al lavoro”. Poi anche lui tra un po’ partirà, perché tra pochi giorni ricomincia la scuola. La mia no, la mia è finita da ormai un paio d’anni, ma rimango comunque la “piccola” del gruppo, quella simpatica, da non prendere sul serio, quella che quando non c’è si sente, una sorta di colonna sonora, che tiene compagnia, o fa da accompagnamento alla storia. Le storie di tutti mi scivolano addosso o mi passano di fianco, vanno avanti da sole, mentre la mia la devo costruire con fatica e devo imparare a togliere un po’ di sorrisi, di buon umore, essere più seria, con i tacchi alti e il trucco, i capelli raccolti e la 24 ore. Battermi per arrivare al 27 di chissà quale mese, forse in uno a caso mi daranno un benedetto stipendio. Il giorno che arriverò mi giocherò tutto al Bingo.
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