giovedì, novembre 06, 2003
Brigatiste tra cucina e bar dello Sport. Ieri sera, nella preparazione di una pasta al forno e scamorza col pomodoro, con la coda dell'occhio e con le orecchie tirate verso il salotto, ho ascoltato Otto e Mezzo, la trasmissione di Ferrara su La 7 condotta con Barbara Palombelli.
La 7 è di certo e di gran lunga la tv che fa la differenza, ma ieri sera… l'apoteosi del retorico, la magnificenza della sociologia da bar dello sport!
L'argomento in discussione era «le donne brigatiste», credo, tra pubblico e privato, tra clandestinità e vita pseudo-normale. La palla, da subito, è stata presa dalla Palombelli, che devo ammettere, televisivamente non mi piace, non mi piace il suo ritmo e nemmeno la sua faccia, mi ricorda vagamente la Annunziata. Comunque, al di là della forma, i contenuti erano proprio poveri: il dibattito si è sviluppato sulle conseguenze che la vita dei brigatisti ha sulla vita dei futuri figli e di come la vita in carcere dei primi avesse cambiato radicalmente il proprio atteggiamento, fino ad arrivare (quello è stato il momento clu) al fatto che alcune persone che hanno partecipato attivamente alla lotta armata degli anni '70, continuano ancora oggi a vivere in uno stato di clandestinità nei confronti della famiglia e della società, addirittura senza rivelare a nessuno la loro passata identità, con conseguenti sensi di colpa e cadute psicologiche. Come dire: Ma perché non andate in giro con un cartello con su scritto "Ero brigatista"? Mamma mia…. A RIDATECE LERNEEEEER!
La 7 è di certo e di gran lunga la tv che fa la differenza, ma ieri sera… l'apoteosi del retorico, la magnificenza della sociologia da bar dello sport!
L'argomento in discussione era «le donne brigatiste», credo, tra pubblico e privato, tra clandestinità e vita pseudo-normale. La palla, da subito, è stata presa dalla Palombelli, che devo ammettere, televisivamente non mi piace, non mi piace il suo ritmo e nemmeno la sua faccia, mi ricorda vagamente la Annunziata. Comunque, al di là della forma, i contenuti erano proprio poveri: il dibattito si è sviluppato sulle conseguenze che la vita dei brigatisti ha sulla vita dei futuri figli e di come la vita in carcere dei primi avesse cambiato radicalmente il proprio atteggiamento, fino ad arrivare (quello è stato il momento clu) al fatto che alcune persone che hanno partecipato attivamente alla lotta armata degli anni '70, continuano ancora oggi a vivere in uno stato di clandestinità nei confronti della famiglia e della società, addirittura senza rivelare a nessuno la loro passata identità, con conseguenti sensi di colpa e cadute psicologiche. Come dire: Ma perché non andate in giro con un cartello con su scritto "Ero brigatista"? Mamma mia…. A RIDATECE LERNEEEEER!
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